UCEI
L’Intesa e la sfida degli ebrei progressivi
Vorremmo proseguire la discussione aperta nella vostra rivista riguardo all’Ebraismo Progressivo, iniziata con la vostra intervista alla nostra co-Presidentessa, Joyce Bigio, nel dicembre 2018, seguita da un’intervista di risposta a Rav Riccardo Di Segni, Rabbino Capo ortodosso di Roma.
Innanzi tutto, ringraziamo sinceramente il vostro magazine di aver permesso ai responsabili del Movimento per l’Ebraismo Progressivo di esprimersi. Troppo spesso dalla nostra fondazione in Italia è stata esercitata della censura da parte della stampa ebraica italiana ufficiale e per questo la vostra apertura alla nostra espressione dei valori ebraici è ancor più gradita.
L’ebraismo progressivo è una forma o corrente dell’ebraismo, con tradizioni ebraiche, valori ebraici e pratica ebraica. Esso ha una lunga e nobile storia riconosciuta in tutto il mondo e ha avuto le sue origini in Europa. Gli ebrei progressivi, chiamati anche ebrei riformati, hanno diritto alla cittadinanza israeliana grazie alla Legge del Ritorno.
L'intervista di Rav Di Segni dimostra che ci sono molti fraintendimenti sull’ebraismo progressivo in Italia, non solo a causa della summenzionata censura, ma anche per il poco corretto beneficio che traggono i rabbini ortodossi nel seminare disprezzo e sfiducia tra il pubblico ebraico in generale.
Vorremmo semplicemente mettere le cose in chiaro su diversi punti, a cominciare dall'accordo di Intesa tra lo Stato Italiano e l'UCEI.
C'è un fraintendimento sul fatto che l’accordo d’Intesa che concede i diritti religiosi dell'UCEI sia solo per gli ebrei ortodossi. Questo non è corretto: l’Intesa incarica l’UCEI di rappresentare tutti gli ebrei in Italia.
Infatti, lo statuto dell'UCEI non si riferisce mai all’ebraismo ortodosso, ma all’ebraismo tradizionale, che può includere uno spettro molto più ampio di pratica religiosa ebraica.
Il nostro sogno è che l’UCEI diventi realmente l’unione di tutte le comunità ebraiche riconoscendo e includendo anche quelle venutesi a formare in Italia dopo la firma delle Intese, e già riconosciute ampiamente a livello internazionale. Ne conseguirebbe un confronto proficuo con arricchimento per tutto l’ ebraismo italiano.
Come primo passo, La FIEP ha formalmente chiesto di avere un osservatore non-votante nel consiglio dell’UCEI, secondo l’Articolo 41 dello Statuto UCEI “come rappresentanti di altre associazioni presenti nella realtà dell’ebraismo italiano [e internazionale]”.
All’epoca in cui è stata redatta l'Intesa, il Movimento per l’Ebraismo Progressivo non aveva ancora stabilito alcuna sinagoga in Italia. Adesso il Movimento ha 4 congregazioni, una Federazione per l’Ebraismo Progressivo (FIEP), il riconoscimento come ebrei da parte di molte organizzazioni ebraiche internazionali e pressoché 600 membri in Italia, quasi il 3% degli ebrei in Italia. Qualcuno potrebbe argomentare che siamo piccoli in termini numerici. Fortunatamente lo Stato Italiano non considera gli ebrei italiani insignificanti, sebbene rappresentiamo meno dello 0,0375% della popolazione italiana (22.500 cittadini ebrei su una popolazione di 60,0 milioni di abitanti). Gli ebrei Progressivi e Masorti (Conservative) sono quasi 3,0 milioni di persone, la parte più ampia tra gli ebrei religiosi nel mondo.
Abbiamo chiesto ad un Professore di Diritto ed esperto di Diritto Pubblico di approfondire l'Intesa e la sua decisione di conferire all'UCEI l’incarico di rappresentare tutti gli ebrei in Italia. La Prof. Pamela Harris, Docente di Legge all’Università John Cabot di Roma può spiegare meglio.
Franca Eckert Coen e Joyce V.Bigio,
co-Presidentesse Federazione Italiana per l'Ebraismo Progressivo (FIEP)
Joyce Bigio fa anche parte del Consiglio Direttivo dell'UCEI
nel suo impegno nei confronti del Popolo Ebraico - Am Israel
Nel momento in cui i responsabili dell’ebraismo italiano, sia tradizionale che progressivo, iniziano formalmente a discutere di un futuro comune, guardiamo all’Intesa come guida. Sebbene tutti noi possiamo lodarla o lamentarci delle sue rigidità, dobbiamo ancora oggi apprezzare il suo contributo alla libertà religiosa e al pluralismo in Italia. Nelle parole di Guido Fubini l'Intesa “afferma il diritto degli ebrei alla diversità, di essere finalmente sé stessi, ma sempre cittadini italiani a pieno titolo.”
Possiamo anche apprezzare il contributo dell’Intesa al consolidamento dell'uguaglianza di genere, del pluralismo e della democrazia come principi animatori dell’ebraismo italiano moderno. Ricordiamoci che uno dei più gravi difetti della legge fascista, che continuò a governare la vita ebraica italiana fino all'Intesa del 1987, era la sua aperta discriminazione contro le donne, che inizialmente non potevano votare per eleggere o essere elette consigliere comunitarie. Dalle sue origini, l'Intesa e lo Statuto hanno cercato e ottenuto la piena rappresentanza delle donne nei Consigli delle Comunità e dell'Unione. Non vi è dubbio che l’impegno e la brillante leadership delle donne siano stati fondamentali per il fiorire continuo della vita ebraica in Italia.
Dalle molte diverse Comunità ed esperienze ebraiche in Italia, l'Intesa cerca anche di forgiare un'identità ebraica comune e unificata. Assegna quindi all'UCEI il ruolo di corpo rappresentativo, che è qualcosa di più della somma delle sue componenti.
Come "espressione unitaria dell’ebraismo in Italia" è "l'ente rappresentativo degli ebrei in Italia” che “ne cura e tutela gli interessi generali ...”. L'Intesa non definisce chi è un ebreo italiano, o cos'è l’ebraismo italiano. Lascia invece la determinazione delle specificità della vita ebraica italiana alle Comunità locali, governate democraticamente e, magari, pluraliste. L’ordinamento dell’Intesa ha riconosciuto il diritto dei singoli ebrei di scegliere se appartenere o meno alla loro Comunità locale e pagare quindi le relative tasse. Le Comunità hanno la responsabilità di prendersi cura dei bisogni religiosi dei propri membri. In definitiva, la struttura organizzativa dell’Intesa mira a incentivare le Comunità a rispondere ai diversi bisogni e valori degli ebrei residenti nel loro territorio al fine di mantenerne l'integrità e l'appartenenza.
Il regime dell’Intesa conferisce alle Comunità discrezionalità sulle iscrizioni. L’iscrizione a una Comunità territoriale è in ultima analisi condizionata al giudizio dei responsabili della Comunità.
Questi ebrei a cui è rifiutata l’iscrizione a una Comunità, nonostante il loro desiderio di farne parte, possono essere persone ebree di tradizione progressiva, ma non ortodossa. Altre persone halakhicamente ebree possono semplicemente scegliere di non iscriversi alla loro Comunità ebraica di residenza. Per nessuna di queste ragioni queste persone cessano di essere ebree. E sebbene le Comunità locali mantengano il diritto, in base al regime dell’Intesa, di non includerle tra i propri membri, l'UCEI ha comunque il dovere di rappresentarle.
Quindi, in tutta la sua saggezza, il regime dell’Intesa ha lasciato uno iato - tra il dovere dell’UCEI di includere e il diritto delle Comunità di escludere - attraverso il quale il consolidamento di un ebraismo progressivo italiano brilla di luce nuova. Non c'è nulla nella struttura democratica delle Comunità che precluda formalmente un cambiamento in senso più moderno, in particolare sotto forma di una maggiore uguaglianza di genere nella pratica religiosa.
L’ebraismo progressivo accoglie gli ebrei che stanno facendo crescere delle famiglie in cui ci sono non ebrei; le sue congregazioni permettono loro di dare ai figli un'identità ed un'educazione ebraica, secondo una tradizione che considera uguali donne e uomini; soprattutto l’ebraismo progressivo porta ad una spiritualità che deriva dai principi dell’Illuminismo.
Rav Di Segni riconosce la libertà e il pluralismo eclettico al centro dell’ebraismo italiano ("l'ebraismo italiano è ... ideologicamente conservatore, di pratica reform e di religione cattolica"). Tuttavia, sostiene l'ortodossia formale delle Comunità locali. È libero di farlo, poiché l'Intesa lascia la definizione del carattere delle Comunità locali alla volontà democratica dei loro membri. Ma si sbaglia nell’argomentare che tale scelta sia dettata dalle norme dell’Intesa, che lui ha grossolanamente travisato come difensore di "un modello religioso ortodosso”.
L'Intesa fornisce una base per le festività che tutti gli ebrei hanno il diritto di celebrare in Italia. Ma lascia spazio a singoli ebrei, che siano soggetti all'autorità formale ortodossa oppure organizzati in congregazioni progressive, per praticare liberamente la loro religione secondo la propria coscienza.
L’Intesa difende la centralità delle Comunità locali nella vita ebraica italiana. Ma lascia ad ogni donna e uomo ebreo d'Italia di determinarne in modo democratico il carattere. Rav Di Segni intende correttamente il sistema dell’Intesa nella misura in cui cerca di guidare le singole Comunità a fare questa plausibile scelta. Ma non ha ragione nel concludere da questo che l'UCEI abbia il diritto di escludere gli ebrei progressivi. Indipendentemente da come le Comunità tradizionali definiscano sé stesse, l’UCEI ha sempre il dovere di rappresentare tutti gli ebrei in Italia. Nonostante il suo nome, il regime dell’Intesa costituisce l'UCEI come un organismo rappresentativo che è più della somma delle sue parti. Questo è il motivo per cui, per esempio, l'UCEI accorda “il diritto di partecipare al Consiglio e di prendere la parola alle associazioni presenti nella realtà dell’ebraismo italiano.”
Questi processi democratici nel cuore della vita comunitaria ebraica italiana si sono finora dimostrati incapaci di registrare la voce degli ebrei progressivi, ancora una piccola minoranza. Ma questo non esonera l'UCEI dalla sua responsabilità di rappresentarli. Può farlo riconoscendo la Federazione Italiana per L’Ebraismo Progressivo (FIEP) come l’equivalente funzionale di una Comunità locale tradizionale. Le norme dell’Intesa che costituiscono la base del potere dell’UCEI intendono chiaramente proteggere la libertà religiosa di tutti gli ebrei italiani, per realizzare i profondi valori della Repubblica italiana. Se l'UCEI non trova la strada per farlo, tradisce il proprio carattere costituzionale come "espressione unitaria dell’ebraismo in Italia". E costringerebbe gli ebrei progressivi a cercare un percorso alternativo per la propria stabilità e prosperità, che sono un diritto di tutte le minoranze religiose in Italia.
Pamela Beth Harris
Docente di Diritto, John Cabot University
e Consulente Legale Federazione Italiana per l’Ebraismo Progressivo (FIEP)
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