Francia

 

 

 

Lettera da Parigi

 

di Victoria Géraut

 

"Ti senti al sicuro con quello che sta succedendo in Francia in questo momento?"

"I gilet gialli non sono troppo pericolosi?”

"Come vivi l'antisemitismo in Francia?"

"Com'è triste quello che è successo a Notre Dame” …

Queste sono le domande che i miei amici all'estero probabilmente mi porranno.

Come vivo da giovane donna ebrea in Francia?

Mi chiamo Victoria, ho vent'anni e sono al terzo anno di scienze politiche alla Sorbona. Sono nata e cresciuta a Parigi, in uno dei quartieri più alla moda della capitale, con mia madre e mia nonna, anche loro parigine. Sono quindi una "vera parigina"! Trascorro le mie giornate nel "Quartiere Latino", frequento corsi nell'università più prestigiosa di Francia, pranziamo nel bellissimo Jardin du Luxembourg e mi godo il quartiere della fontana Saint-Michel.

Ho la fortuna di trascorrere la mia vita quotidiana in questi luoghi mitici di Parigi, ben conosciuti dai turisti che vengono da tutto il mondo per fotografarli indossando il tipico basco rosso parigino.

Purtroppo, Parigi e la Francia hanno i loro difetti, le loro incertezze di cui si parla nei media stranieri. Certo, i gilet gialli hanno interrotto i nostri sabati, il fuoco di Notre Dame ha sconvolto tutti i francesi (politici inclusi!) e gli atti antisemiti sono tutti rivoltanti e tragici.

Da novembre, tutto sembra essere stato rovesciato in Francia, "è la rivoluzione" di cui tutti abbiamo avuto notizia. Infatti, ogni sabato, per diversi mesi e senza interruzione, i "gilet gialli" scendono per la strada per chiedere un cambio del sistema francese. Avendo come origine l'aumento della carbon tax (la rivoluzione francese aveva anche lei per origine l'aumento delle tasse), le pretese dei gilet gialli si sono decuplicate e si sono installate nella nostra vita quotidiana: aumento del potere d'acquisto, partecipazione del cittadino, l'aiuto alle famiglie monoparentali, ecc., sono le parole d’ordine principali di questo movimento. Inizialmente, la maggior parte dei francesi era favorevole a questo movimento. Di fronte alle delusioni causate dalla presidenza di Emmanuel Macron, tutti abbiamo sostenuto "quelle persone coraggiose che finalmente uscivano in strada per esprimere il loro disagio". Ma ... trascinandosi, diventando sempre più violento e disorganizzato, questo movimento ha perso molto del suo supporto e della sua tracotanza.

Sentiamo sempre parlare dei gilet gialli e sappiamo che i sabati delle mobilitazioni continuano, ma nulla cambia per molti di noi: continuo a uscire per strada il sabato e non guardo più i telegiornali che ne parlano. Certo, continuo a fare attenzione perché la violenza a volte è molto intensa e molto vicino a casa, ma ho l'impressione che, per coloro che non sono gilet gialli, il corso della vita continui. Ti mentirei dicendoti che questo movimento non mi riguarda. Sono rimasta delusa, come immagino molti gilet gialli, da ciò che è uscito dal dibattito nazionale e dalle proposte del nostro presidente. Tuttavia i gilet gialli, in molti casi, sono andati troppo oltre.

Questo movimento è degenerato, lasciando il posto a spietati atti di violenza e spregevoli atti antisemiti. I blackblocks che distruggono Parigi e i gilet gialli che cantano le canzoni dell'umorista negazionista e antisemita Dieudonné oppure si esibiscono orgogliosamente a Montmartre, facendo il segno della "quenelle" (simulacro del saluto nazista riproposto da Diedonné), non si possono digerire. Siamo abituati a cercare l'origine della sfortuna di alcuni nella felicità degli altri e questo movimento lo ha capito bene. Ricordando ogni sabato che Emmanuel Macron è un prodotto della "Banca Rothschild" e scrivendo slogan antisemiti sui muri di Parigi, alcuni gilet gialli sono andati troppo oltre. I loro guai non sono colpa degli ebrei, ma spesso si tende a dimenticarlo quando un paese è in crisi.

Sentiamo molto nei media che gli atti antisemiti sono aumentati, che sono più violenti e numerosi. Penso che gli atti antisemiti siano più presenti perché sono più visibili e più pericolosi. Ma già dall'assassinio di Ilan Halimi, che era stato rapito e torturato a morte dalla “banda dei barbari”, sappiamo che in Francia l'antisemitismo uccide. Da allora, abbiamo vissuto e sofferto gli attacchi di Tolosa, dell’Hyper Casher  e degli omicidi di Gisèle Halimi e Mireille Knoll.

D’altro canto, l'antisemitismo è presente anche nelle università. I locali alla Sorbona della nostra UEJF (Union Etudiantes Juifs Français, ovvero l'Unione degli studenti ebrei di Francia) sono stati saccheggiati nel marzo 2018 e quest'anno molti altri atti vandalici sono avvenuti nelle scuole superiori e nelle università di Francia (Politecnico, Assas, Dauphine, Università di Grenoble, ...). Questa quotidianità sta diventando, per me ed i miei amici, sempre più difficile. Quando quest'anno abbiamo dovuto manifestare per strada, non ho esitato un solo secondo a perdere le lezioni per protestare contro l'antisemitismo. E non ho qui il tempo di parlare di razzismo, omofobia, sessismo che continuano ancora a imperversare.

Questi atti di odio sono numerosi e sono ciò che deploro di più oggi in Francia, ciò che mi tocca di più e contro cui più combatto. Sono cresciuta in una famiglia militante e in un movimento giovanile ebraico (Hashomer Hatzair) che mi ha dato questa fibra impegnata contro la discriminazione. Questi atti mi disgustano e non comprendo perché non ne parliamo o non agiamo di più.

Tuttavia, questi atti di odio non mi spingono a lasciare il mio paese, i miei amici e la mia famiglia. Sono la presidente dell’UEJF della Sorbona e sono impegnata nel consiglio d’amministrazione della mia università, in un collettivo che combatte quotidianamente contro la discriminazione. Qualche settimana fa siamo andati in Polonia con studenti non ebrei per far conoscere ciò che gli ebrei avevano vissuto durante l'Olocausto e per essere consapevoli dell'antisemitismo. Questa azione ha riguardato solo 25 studenti. Tuttavia, questi 25 studenti sono tornati da questo viaggio cresciuti e più coinvolti nella lotta contro l'antisemitismo. Cerchiamo di parlarne, di riunirci con altre associazioni per organizzare conferenze e ideare strumenti nuovi per combattere l'antisemitismo e il razzismo in Francia. A livello individuale, i cambiamenti sono possibili e lavoriamo su di essi ogni giorno.

Altre lotte animano la mia vita quotidiana. Grazie al mio movimento giovanile Hashomer Hatzair, ad esempio, ho istituito l'anno scorso un progetto di sensibilizzazione contro le disuguaglianze di genere sul lavoro. Ho formato un gruppo di circa dieci giovani donne di età compresa tra i 18 e i 25 anni per favorire incontri tra donne con esperienza diverse. Abbiamo parlato dei nostri percorsi e delle nostre paure. Abbiamo parlato liberamente della mancanza di fiducia nelle donne, delle barriere alle assunzioni, delle molestie. Tale progetto ha permesso a queste giovani donne di essere consapevoli di queste disuguaglianze e di prepararsi a combatterle. Questa esperienza è durata sei mesi ed è stata essenziale per me. Mi ha aiutato a capire dove volevo andare, cosa avrei voluto fare dopo. Ho sempre desiderato essere una giornalista, ma questo progetto mi ha fatto capire che volevo specializzarmi in cause e movimenti femministi. Adesso so quale membro della società voglio essere.

Queste parole sono le parole di una giovane donna di vent'anni, ancora idealista, consapevole della propria fortuna e delle questioni che stanno scuotendo il suo paese. Non mi scuserò per la mia giovane età per dire quello che penso ed esprimere ciò che vivo. Ma non pretendo di parlare a nome dei francesi. Vivo a Parigi, in una zona tranquilla. Mi concentro sui miei studi e sul mio futuro. Faccio festa, vedo i miei amici, leggo nei parchi. Esco per strada quando le cause mi toccano profondamente e quando sento che è mio dovere mobilitarmi. Ma non dimentico che gran parte dei francesi ha una vita quotidiana diversa e altre priorità. Fin qui, non ho potuto che fare un accenno a ciò che si vede e si sente in Francia, non solo da francese ma anche da ebrea.

Ciononostante, vorrei aggiungere che sono molto felice e orgogliosa di essere francese, a dispetto dei difetti della nostra società. Penso che sia importante non dimenticare che c’è di molto peggio altrove.

 

Victoria Géraut

Traduzione di Emilio Hirsch

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