Dibattito

 

 

 

La democrazia non è la mamma, ma un utile attrezzo

 

di David Terracini

 

Quel 25 aprile una professoressa del classico lo aveva chiamato perché spiegasse la democrazia a tre classi del quarto anno. La professoressa aveva introdotto il tema più o meno così.

Ragazzi, abbiamo studiato le vicende del fascismo, della Resistenza e della Costituzione. Oggi viviamo tempi duri. Abbiamo l’impressione che ogni giorno, in Italia e nel mondo, vengano sferrati colpi sempre più pesanti contro la democrazia. Non è più un tabù dire che il fascismo e il nazismo in fondo non sono stati tanto male, dire che i campi di sterminio sono un’invenzione degli ebrei, che comunque se i campi ci sono stati veramente qualcosa ‘sti ebrei devono averla fatta, che gli ebrei hanno il potere mondiale e tramano per distruggere la civiltà occidentale, che i neri, i musulmani, gli zingari, gli immigrati sono razze inferiori, sono tutti delinquenti, che non debbono essere accolti, che quelli che ci sono non debbono venire integrati ma espulsi, che i politici sono tutti ladri, che tanto votare non serve a nulla, che ci vuole un uomo solo che comandi, che si stava meglio quando c’era lui, che la Resistenza è stata solo dei comunisti e ha fatto solo danni, che oggi dettano legge i radical-chic, gli intellettuali, i buonisti, gli invertiti e i rammolliti, che finalmente un po’ di violenza sarebbe solo salutare… Non è più un tabù dire queste cose, non è più un tabù mettere in pratica provvedimenti conformi a questi discorsi, in un crescendo quasi impercettibile.

E noi ci indigniamo, strilliamo che la democrazia è in pericolo, e i più impegnati dicono: oddio, si deve porre rimedio!

Dopo aver presentato l’ospite, la professoressa gli aveva chiesto di spiegare perché occorre difendere la democrazia. Più o meno lui aveva parlato così.

È vero che si deve difendere la democrazia - aveva cominciato - Ma non la si deve difendere come se fosse la mamma.

La democrazia non è un credo. È un attrezzo utile, se è sana, se funziona. E serve, come un qualsiasi attrezzo. A cosa serve? La democrazia serve come strumento di retroazione. Cosa significa? Retroazione, feedback, è la segnalazione degli errori compiuti e la loro correzione. Anche le macchine e i computer hanno meccanismi di feedback.

I comandi mostruosi impartiti dai dittatori del secolo scorso, dotati di poteri illimitati, hanno portato nel baratro milioni di soldati e di civili. Nessuno poteva gridare al dittatore: Ci stai portando nell’abisso! Segnalare un errore era proibito. Chi criticava era imprigionato, o torturato o ucciso. La violenza è il sostegno delle dittature. La democrazia invece consente di parlare, di criticare, di gridare se si deve proprio gridare. Se manca la democrazia anche proporre correzioni alla strada intrapresa è proibito. Chi propone correzioni, ohibò, pretende di saperne di più di chi comanda, e questa è una provocazione! Non sempre chi ha il comando possiede le competenze per tracciare la strada giusta per un paese. La democrazia serve a scegliere persone adatte, che la pensano come te e che conoscono la via migliore da pigliare per evitare il baratro.

Non tutti sono in grado di seguire la strada che è stata scelta. Ci sono alcuni che spesso non ce la fanno, perché la strada è difficile o perché sono deboli. Il dittatore se ne frega. Tira diritto. In democrazia chi non ce la fa lo dice, lo può dire, e il potere deve prestargli attenzione ed aiutarlo. Ci sono minoranze che non concordano con la strada scelta. Si discute, si ascolta. Magari la proposta di questa minoranza convince, e la scelta della strada muta. La democrazia, se si ascolta, serve a scegliere la via migliore, per tutti.

In democrazia si mette ai voti, e vince la maggioranza. La minoranza si adegua al parere della maggioranza, ma con questo non viene zittita o abolita. La minoranza deve sopravvivere, perché può proporre soluzioni migliori, e perché domani può diventare maggioranza.

Nei paesi totalitari il pluralismo delle idee, delle lingue e la promiscuità etnica sono considerati una sciagura: chi è diverso deve essere emarginato, perché inquina la purezza dei dominanti. E gli ebrei, gli zingari, i neri delle colonie questi discorsi li hanno sentiti, e sanno dove hanno portato. La democrazia invece difende il pluralismo, perché il pluralismo serve a muovere le idee, a confrontarle, ad arricchire la società.

Democrazia vuol dire potere al popolo. Tutti dunque debbono poter decidere su tutto? Oggi con i cellulari tutti i cittadini potrebbero decidere con un mi piace o un non mi piace tutte le materie che coinvolgono la collettività.

La democrazia diretta, che figata! - aveva esclamato uno degli studenti.

Lui aveva proseguito: La democrazia diretta funziona? Non funziona, perché chi non ha il cellulare non può esprimere il suo parere, perché le minoranze non possono fare opera di persuasione, perché le cose da decidere sono spesso complesse, e richiedono competenze particolari, e poi perché non tutti hanno tempo da dedicare alla cosa pubblica. E allora che democrazia è, se non funziona? Sembra banale spiegare queste cose, ma molti non lo sanno. Esiste la democrazia rappresentativa, che consente ai cittadini l’esercizio della delega a specialisti (gli uomini politici), che della cosa pubblica dovrebbero intendersene.

Gli uomini politici - aveva mormorato qualcuno - tutta gente di malaffare, si vede anche sui giornali, alla televisione e on line che ogni giorno scoppia uno scandalo!

Lui aveva proseguito: Io vi rispondo che le mele marce debbono essere tolte dalla cesta, che sono solo una parte dei nostri rappresentanti, che il cittadino deve scegliere fior da fiore persone come si deve da mandare in Parlamento. È per questo che dovrete andare a votare, ragazzi, quando sarà l’occasione. Chi rimane a casa ha sempre torto.

Alla fine di questa tiritera - aveva concluso - vi chiedo: dov’è invece che qui, in Italia, non c’è democrazia?

Una ragazza aveva alzato la mano - In Vaticano! - aveva esclamato.

Il Vaticano è uno stato indipendente, non è l’Italia - (il conferenziere, che era ebreo, si era salvato in corner). - Allora, dov’è che non c’è democrazia? - Silenzio in aula.

All’ospedale - aveva proseguito lui - Il medico mica viene eletto dai malati. Se scoppia un incendio a casa vostra non eleggete il capo dei vigili del fuoco, gli imputati non scelgono i loro giudici, i detenuti non eleggono il capo delle guardie carcerarie. Altri esempi analoghi di assenza di democrazia? - Silenzio in sala, mormorii, a lato i professori erano un tantino allarmati… - A scuola, no? - lui aveva esclamato - I professori voi non li eleggete mica! Perché in questi casi i capi non vengono eletti? Ecco perché: vengono scelti tra i più competenti con concorsi, con esami, con selezioni.

 - Uno studente aveva chiesto: - E perché allora non si fa lo stesso per i nostri governanti, che debbono essere competenti, come ha detto lei? - E lui aveva risposto: - Perché è vero che chi ci governa deve essere competente, ma siccome deve decidere il futuro di tutti noi, e le decisioni non sono solo dettate da tecniche condivise, ma possono essere orientate da diverse ideologie, da diverse filosofie di vita. E queste scelte spettano ai cittadini. A questo serve la democrazia, e se non vi è chiaro, in loop possiamo tornare all’inizio della predica…

Un brusio allarmato aveva pervaso l’aula. - No no, grazie - avevano detto i ragazzi, - È stato chiarissimo!

 

David Terracini

 


 

 

Postilla

 

di Anna Segre

 

 

Mi sono chiesta cosa direi a un gruppo di studenti, se dovessi intervenire in questo dibattito, in particolare sul problema che David lascia in sospeso. Si tratta in effetti di un nodo assai problematico, perché a volte sembra difficile, se non impossibile, conciliare democrazia e competenza. La questione ovviamente è molto complessa, tanto più che non è sempre facile decidere dove stia davvero la competenza e talvolta chi sulla carta dovrebbe essere più competente combina i peggiori disastri (penso per esempio alle élite intellettuali interventiste che hanno portato l’Italia nella prima guerra mondiale contro la maggioranza degli italiani incolta e neutralista, oppure al manifesto degli scienziati razzisti che ha spianato la strada alle leggi razziali).

Una cosa comunque credo che si possa dire, in particolare ai ragazzi: la democrazia presuppone che su alcuni temi tutti siano competenti e funziona se effettivamente tutti o quasi tutti lo sono. È un po’ come guidare una macchina: richiede competenze specifiche ma al giorno d'oggi quasi tutti le apprendono e quindi in sostanza oggi quasi tutti guidano una macchina. Però - si potrebbe obiettare - per guidare una macchina bisogna avere la patente; che cosa garantisce al cittadino italiano il diritto di voto? In effetti non è prevista una patente esplicita, ma ne esiste (o per lo meno dovrebbe esistere) una implicita, almeno per i giovani e per le prossime generazioni: la scuola.

Dal momento che in Italia l’obbligo scolastico per almeno dieci anni riguarda tutti, si presuppone che tutti ne escano sapendo leggere siti e giornali quel tanto che basta per avere un'idea di cosa capita nel Paese e per capire le idee i programmi dei vari partiti, che tutti conoscano quel tanto di storia contemporanea che permette di stare attenti a determinati pericoli, e che tutti abbiano studiato quel minimo di educazione civica (adesso si chiama "cittadinanza e costituzione" e da quest'anno è obbligatoria anche nel colloquio della maturità) che basta per capire quali sono le nostre istituzioni e come funzionano.

Se poi la scuola italiana oggi non garantisce davvero queste competenze ciò rientra nei problemi generali della scuola italiana, da cui si può uscire eccezionalmente colti oppure eccezionalmente ignoranti a seconda di quali scuole e quali sezioni si frequentano, di quali insegnanti e quali compagni si incontrano lungo la propria strada, e per molte altre circostanze talvolta quasi casuali. Del resto io (come, credo, molti altri) quando avevo appena preso la patente ero un pericolo pubblico, ma nonostante questo il principio secondo cui per guidare una macchina bisogna avere in tasca un pezzo di carta o di plastica che certifica la nostra idoneità rimane valido.

Allo stesso modo rimane valido, a mio parere, almeno come utopia o come obiettivo da porsi, il principio generale che prevede che la scuola garantisca le competenze necessarie per essere cittadini consapevoli di una democrazia. E dunque alla fine della spiegazione io direi: ragazzi, la nostra Costituzione vi concede il diritto di voto non solo perché siete di sangue italiano o perché le vostra famiglie hanno affrontato una lunga trafila per avere la cittadinanza italiana, ma perché sa che siete andati a scuola e dunque ha fiducia in voi e nella vostra competenza; non vorrete deludere i nostri padri costituenti, vero?

Anna Segre

 

 

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