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Appelli e quattro gattini

di Anna Segre

 

Chiudiamo questo numero a metà luglio, in un momento di incertezza, mentre il virus sembra dare un po’ di tregua in Italia (speriamo non effimera) e invece pare inarrestabile altrove, in particolare negli Stati Uniti e in Brasile, anche a causa delle politiche dissennate dei loro governanti. Trump e Bolsonaro sono due esempi clamorosi (e purtroppo non certo gli unici) di una destra sovranista la cui incapacità di accettare le regole del gioco democratico e degli equilibri istituzionali sembra andare di pari passo con la sistematica negazione dell’evidenza in tutto ciò che riguarda il virus E così mentre la situazione in Brasile pare sempre più preoccupante e le comunità ebraiche si trovano in una posizione difficile (ne parliamo a pag.24), Trump dal canto suo si è dimostrato incapace di rispondere all’ondata di indignazione contro il razzismo se non con dichiarazioni bellicose che hanno avvelenato ulteriormente il clima politico nel paese.

Anche in Israele la situazione appare decisamente preoccupante e il governo faticosamente costituito dopo la lunghissima crisi a quanto pare non è stato in grado di far fronte efficacemente alla seconda ondata dell’epidemia. E In questo clima di incertezza sembra per ora rimandata la progettata annessione di una parte della Cisgiordania.

Dunque forse potrebbero apparire superflue le discussioni su questo tema e gli appelli contro l’annessione che trovate a pag.7. Anche nella nostra redazione c’è chi nutre dubbi sull’utilità degli appelli. Certo è frustrante pensare a quanto poco siano serviti 53 anni di raccolte di firme perché Israele si ritirasse dai territori occupati. D’altra parte noi ebrei progressisti e a favore della soluzione “due popoli due stati” forse non siamo poi così deboli e irrilevanti come a volte ci dipingono (o ci dipingiamo noi stessi): in fin dei conti siamo stati per due volte non troppo lontani dalla possibilità di mandare un ebreo di sinistra alla Casa Bianca. Non è detto però che questo dimostri l’utilità degli appelli: a cosa serve raccogliere poche decine o centinaia di firme - si domanda qualcuno - quando abbiamo nel nostro arco frecce ben più efficaci?

E infatti, appelli o non appelli, per il momento l’annessione è stata rimandata. Abbiamo avuto qualche merito? Si potrebbe dire che siamo stati come il re del Piccolo principe di Saint-Exupéry che quando ordinava al sole di tramontare veniva puntualmente obbedito perché aveva l’accortezza di ordinarglielo al momento opportuno. Allo stesso modo, avevamo previsto che Netanyahu non avrebbe avuto il sostegno internazionale (e soprattutto degli Usa) necessario per l’annessione, e così è stato.

Dunque perché pubblichiamo gli appelli anche se sembrano essere stati superati dagli eventi e comunque non siamo certi della loro effettiva utilità? Per entrambi la novità che li rende meritevoli di attenzione non sta tanto nel testo in sé quanto nel contesto in cui sono nati.

Giorgio Gomel ci dà conto dell’appello proposto dalla rete internazionale JLink, e delle iniziative messe in campo per diffonderlo e per far conoscere il punto di vista di chi è contrario all’annessione; interessante soprattutto il resoconto dei contatti che la rete è riuscita a stabilire in molte parti del mondo e degli incontri avvenuti con alcuni ambasciatori di Israele.

La novità dell’altro appello è data soprattutto dai promotori, tutti giovani, che solo in un secondo momento hanno esteso a noi anziani la possibilità di firmare. Un’altra novità significativa rispetto ad altri documenti analoghi del passato consiste a mio parere nella volontà dichiarata di portare il discorso all’interno del’ebraismo italiano ufficiale: l’appello - che si definisce esplicitamente “una voce ebraica italiana” - richiama infatti “l’obbligo di opporci con forza a questo progetto e di contribuire al dibattito all’interno delle comunità ebraiche e delle società di cui facciamo parte.” E in effetti questo dibattito non può mancare soprattutto perché a novembre sono previste le elezioni per il Consiglio dell’ l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

In teoria l’Ucei, che rappresenta gli ebrei italiani davanti allo stato, non dovrebbe entrare nel merito del dibattito politico interno a Israele. In pratica però si sente investita dal dovere di difendere Israele da ogni genere di critica. Ma difendendo sempre e comunque qualunque decisione di qualunque governo israeliano sia in carica si trasmette la falsa impressione che gli ebrei italiani siano tutti di destra, e magari tutti favorevoli all’annessione. Oggi, per la verità, la difesa del governo Netanyahu nei media dell’Ucei non è sempre pedissequa (tant’è che qualcuno a destra se ne lamenta), ma dopo novembre le cose potrebbero cambiare in peggio.

È giusto, quindi, far sapere all’opinione pubblica che esistono anche ebrei italiani che non si identificano nella politica di Netanyahu. Il caso specifico dell’annessione, poi, è particolarmente insidioso perché - come sottolinea anche l’appello - il Primo Ministro israeliano ha dichiarato che ai residenti palestinesi dei territori annessi non verrebbe conferita la cittadinanza; dunque ci sarebbero all’interno di Israele persone di serie B, residenti senza cittadinanza; nulla di nuovo, certo, è così in tutti i territori occupati nel 1967, ma un conto è un’occupazione militare che pur durando da 53 anni è ufficialmente dichiarata come provvisoria, tutt’altra cosa è rendere permanente la diseguaglianza all’interno di quelli che pretendono di essere i confini definitivi dello stato. Sarebbe una catastrofe per la democrazia israeliana, e anche per noi ebrei della diaspora che diventeremmo poco credibili nella nostra difesa dei diritti delle minoranze in Italia e in Europa.

Per tutti questi motivi l’appello è significativo e meritevole di attenzione Ma a mio parere la cosa più importante di tutte è che sia stato promosso da un gruppo di giovani che si dichiarano ufficialmente come tali: un’assunzione di responsabilità, un modo per dire: da questo momento ci siamo anche noi. Dunque qualcosa si muove nel mondo ebraico italiano: saremo pur sempre quattro gatti ma se non altro sta emergendo una nuova generazione di quattro gatti. E non è una cosa da poco.

Anna Segre

 

 
Vignetta di Davì

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