Storia

 

 

 

L’uomo con il cerino in mano

Vita avventurosa di Sansone Valobra

di Emanuele Azzità

 

Il Piemonte è un angolo di mondo dove non manca niente. Quasi una fortezza circondata da vette di granito sempre ammantate di neve. Tra quei monti sono passati eserciti, popoli in fuga e sopratutto idee. Sansone Valobra nasceva a Fossano il 24 ottobre 1799. Lo stesso giorno della nomina di Luciano Bonaparte a Presidente del Consiglio dei Cinquecento e, grazie a ciò, di lì a poco a suo fratello Napoleone sarebbe riuscito il colpo di stato del 18 Brumaio.

Forse Sansone nacque in una casa là dove oggi c'è via Garibaldi, a pochi metri dal muro del Duomo la cui costruzione era stata ultimata solo otto anni prima. Sua madre era Ester Montagnana e suo padre Israel David, commerciante di lane e di stoffe. A quel tempo Fossano aveva circa 15 mila abitanti e costituiva un importante centro di traffici. Ogni tanto arrivavano anche compagnie di girovaghi che allestivano spettacoli e giochi. Ad una di esse, quella di Lorenzo Chey, specializzato in fuochi d'artificio, si sarebbe aggregato l'adolescente Sansone. In Notizie su Argo - Gli antenati di Primo Levi da Francesco Petrarca a Cesare Lombroso (Instar Libri 2006) Alberto Cavaglion scrive “Senza esitare un istante, al termine di uno spettacolo, fugge di casa e segue la carovana dei Chey come garzone, iniziando così un lungo vagabondare e un altrettanto complicato periodo di apprendistato nelle arti sulfuree di una chimica ancora avvolta nel mistero”. Risalgono a quel periodo i primi esperimenti che lo porteranno alla realizzazione dei fiammiferi e dei cerini. Un'invenzione per la verità molto controversa perché rivendicata da più parti in Europa. Alla città di Fossano e al suo museo, l'ultimo discendente della famiglia Chey, scomparso nel secondo dopoguerra, donò gli appunti con le formule e le procedure per confezionare i fuochi d'artificio, compresa una scatola con una forma in legno bucherellata che serviva al giovane per compiere i primi esperimenti.

Tuttavia non c'era solo la chimica ad appassionarlo! Nel 1821 partecipò ai moti di Torino, ma non si hanno informazioni su quel periodo. Di certo fu costretto a fuggire. Riparò a Livorno dove si mise a fabbricare sapone, ma fu una permanenza breve. Braccato dalla polizia perché aderente alla Carboneria, costretto nuovamente alla fuga, riparò nel Regno di Napoli. Una scelta che potrebbe suscitare delle perplessità considerando che proprio là c'era stata l'espulsione di tutti gli ebrei nel 1541. Quasi duecento anni dopo, nel 1738, Carlo III di Borbone, probabilmente con l'intento di rilanciare l'economia e potenziare i traffici commerciali, li richiamò. Fu allora che si scatenò una crociata antiebraica fomentata dalle prediche del gesuita padre Pepe. L'opposizione fu tale che il re dovette tornare sui suoi passi e, con un nuovo editto, espulse nuovamente gli ebrei nel 1745.

I primi ebrei tornarono a Napoli quasi un secolo dopo. Erano pochissimi, si contavano sulle dita di una mano, e vivevano nascondendo la loro fede. Nel suo libro, stampato nel 1890, La Comunione Israelitica di Napoli dal 1830 al 1890, il rabbino Giuseppe Cammeo scrive che nel 1830 erano in quattro e otto nell'anno successivo. Quella piccola comunità, che si riuniva per celebrare le festività ebraiche più importanti in una camera dell'albergo Croce di Malta, era composta dal polacco commerciante di stoffe Isidoro Rouff, dal signor Mendel, dal signor Alessandro Zuccher, dal signor Marcus, dal commerciante piemontese Coen, dal negoziante di antichità prussiano Ackerson, dall'agente teatrale Weiss e dal negoziante Samuele Segre. Al gruppo si aggiunse l'anno successivo anche il barone Meyer Rothschild che, avendo già a Napoli una sede bancaria, venne subito raggiunto dall'intera famiglia.

L'autore scrisse che c'erano anche altri due italiani senza farne il nome. Non sappiamo se uno non fosse proprio Sansone Valobra che era riparato a Napoli nel 1828. Nella città partenopea aveva quasi subito aperto una fabbrica di sapone e di fiammiferi utilizzando stecchetti di legno con fosforo, clorato e gomma, che il suo inventore chiamava soffrini. Pare che dal punto di vista commerciale il suo prodotto avesse successo perché uno dei suoi clienti più fedeli era proprio il re di Napoli. Nel 1835 Valobra mise in commercio anche le candelette, ossia il prototipo del cerino.

Le due invenzioni, del fiammifero e del cerino, non gli furono però mai riconosciute. Il merito andò ad altri sparsi per il Centro e il Nord Europa. Tra loro c'era anche il farmacista monregalese Domenico Ghigliano che avrebbe brevettato i fiammiferi nel 1832.

Sansone Valobra morì nel 1883. Commemorando la sua figura il Vessillo Israelitico scriveva “Il fiammifero la cui invenzione la Germania rivendica a sé (anno 1833) fu inventato a Napoli da Sansone Valobra il quale ivi si rifugiò perché perseguitato e cacciato dalla Toscana come appartenente alla setta dei Carbonari. A Napoli nel 1829 sperò invano di ottenere la privativa della sua invenzione e quando si disponeva di recarsi all'estero per raggiungere il suo scopo la sua invenzione era già imitata”.

Il contributo dell'impegno dato da Sansone Valobra e dalla sua famiglia allo sviluppo della Comunità Israelitica di Napoli è spesso menzionato nel testo del rabbino Giuseppe Cammeo. Il primo fu per l'acquisizione di un terreno da disporre a cimitero ebraico. Un altro è stato per la realizzazione della Sinagoga inaugurata nel 1864. Opere che videro la diretta partecipazione di tutti i membri della piccola ricostruita comunità ebraica napoletana fra i quali spiccavano il barone Rothschild e Sansone Valobra.

Emanuele Azzità

 

 

 

Daniele Portaleone, Palazzo Carignano

 

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