Storia
Dove sta l'amore?
Manfredo Montagnana
La rivista The Atlantic del 27 agosto pubblica un’importante ricerca di David I. Kertzer che costituisce una pesante accusa contro il Vaticano ed il Papa Pio XII contrapponendo il punto di vista rigidamente legato alle leggi della Chiesa ad un punto di vista basato sul rispetto per le idee del prossimo. Kertzer fa ampi riferimenti ai documenti contenuti negli archivi del Vaticano, recentemente aperti, e prende l’avvio da un fatto di cronaca: nei primi mesi del 1953 le prime pagine dei quotidiani francesi erano dedicate all’arresto di una monaca e successivamente a quello di altre monache e di frati, accusati del rapimento di due ragazzi ebrei i cui genitori Finaly erano morti ad Auschwitz.
Nei mesi seguenti Le Monde dedicò 178 articoli alla vicenda: la conoscente cui i Finaly avevano chiesto di seguire le vicende dei ragazzi li affidò alle monache di un convento, le quali a loro volta li lasciarono alle cure della direttrice di un nido, Antoinette Brun. A guerra ormai finita una zia dei ragazzi contattò la Brun per riaverli, ma questa si rifiutò di cederli nonostante ripetuti interventi dei familiari e nel 1948 li fece segretamente battezzare, così la dottrina della Chiesa garantiva che non si sarebbero più potuti restituire ai parenti ebrei.
L’intervento di una zia abitante in Israele e di un amico di famiglia di Grenoble portarono finalmente ad una serie di azioni legali che si protrassero per anni senza risultato e che spinsero il Vaticano e lo stesso Papa Pio XII ad intervenire. Nel luglio 1952, dopo un nuovo rifiuto della Brun di restituire i ragazzi Finaly ai loro parenti, un documento del Vaticano osservava: “Il suo comportamento, motivato dalla sua consapevolezza del fatto che i ragazzi sono Cristiani, è approvato da Sua Eccellenza il Cardinale Gerlier”, arcivescovo di Lione. Per rispondere alla richiesta di indicazioni da parte di Gerlier, Pio XII chiese il parere del Santo Uffizio, il cui cardinale segretario scrisse direttamente a Gerlier una nota il cui senso era: “occorre resistere all’ingiunzione della corte, facendone rinviare l’esecuzione il più a lungo possibile: se poi la Corte di Cassazione confermasse il giudizio a favore della famiglia Finaly, si avvisa la Brun di resistere, a meno che la donna dovesse sostenere seri danni personali e si temessero danni ancora maggiori per la Chiesa.”
Seguirono anni di tentativi di raggiungere un accordo tra il mondo ebraico francese ed il Vaticano, ma tutto fu inutile di fronte alla rigida difesa dell’assioma “bambini ebrei battezzati anche contro la volontà della famiglia diventano cristiani e tali devono restare”. Finalmente nel marzo 1953 il Vaticano decise di accettare l’accordo sulla “liberazione” dei ragazzi Finaly, ma solo nel giugno dell’anno successivo questi rientrarono in Francia dai conventi spagnoli dove erano reclusi da tempo e finalmente in luglio salirono sull’aereo che li portava in Israele dove vivono tuttora.
Nel trattare il caso Finaly, Kertzer approfondisce l’esame critico del comportamento di Pio XII nei confronti dell’antisemitismo e dei regimi nazista e fascista, un tema su cui esiste un’ampia letteratura sia contro che a favore del Papa. Mi limiterei pertanto a presentare brevemente una vicenda che mostra come la tragedia della shoah non ebbe un effetto significativo sulla politica vaticana in merito al caso della famiglia Finaly.
Occorre in primo luogo ricordare che nel 1946 il Papa aveva ricevuto Herzog, Rabbino capo in Palestina, il quale gli chiese di rivolgere un invito pubblico ai sacerdoti di tutta Europa affinché rivelassero la presenza di bambini ebrei orfani nelle mani di famiglie cattoliche. Pio XII si limitò ad assicurare che se ne sarebbe interessato; successivamente decise insieme al cardinale Montini (il futuro Papa Paolo VI) di chiedere l’aiuto di Monsignor Dell’Acqua, noto per le sue posizioni antisemite chiaramente dimostrate quando si oppose alla stesura di una protesta vaticana per la deportazione degli ebrei romani nel 1943. Fu proprio Dell’Acqua ad incontrare Herzog nel 1948 ed a consigliare il Papa a non rispondere per iscritto al Rabbino ma di limitarsi ad un generico impegno verbale ad interessarsi di singoli casi.
In conclusione, mi pare il caso di riflettere su un confronto che mi pare inaccettabile: da una parte il gelido riferimento alle norme assurde della dottrina cattolica in materia di battesimi forzati e dall’altra la tragica condizione di due bambini e della loro famiglia che uscivano da un inferno in cui milioni di ebrei erano scomparsi nelle camera a gas. Mi domando da che parte stia l’amore per gli esseri umani.
Manfredo Montagnana
Carlo Levi, Lo sterminio degli ebrei
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