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La Chiesa cattolica e l’antisemitismo in Italia
di Giorgio Berruto

 

Una distinzione netta tra antigiudaismo - il millenario insegnamento del disprezzo cristiano nei confronti degli ebrei, motivato teologicamente - e antisemitismo moderno è insufficiente in sede storiografica e, a parere di chi scrive, quasi sempre fuorviante. L’impressione è d’altronde che in anni recenti quello che fino a poco tempo fa era un dogma binario - o uno o l’altro, senza terze possibilità - cominci a incrinarsi, forse a motivo del revival della religione nel discorso pubblico, che potrebbe portare a enfatizzare le cause religiose dei fenomeni storici. L’ottimo e conciso saggio di Ulrich Wyrwa Come si crea l’antisemitismo. La stampa cattolica italiana fra Otto e Novecento: Mantova, Milano, Venezia, pubblicato da Giuntina, sembra suggerire che invece una terza possibilità ci sia, e che si muova a pendolo tra antigiudaismo e antisemitismo. L’evoluzione del linguaggio antisemita nel discorso cattolico di fine Ottocento è studiato a partire dai tre casi di Mantova, Milano e Venezia. Si potrebbe pensare che quelli analizzati siano casi estremi da cui non poter generalizzare ma non è così, come confermano altri studi locali come, a titolo di esempio, ‘Tempo bello per gli ebrei’. La vivace polemica antiebraica della stampa cattolica udinese tra Otto e Novecento, edito da Del Bianco, in cui Valerio Marchi esamina gli articoli del giornale cattolico friulano “Il crociato”. Se poi si prendono in mano le annate contemporanee della “Civiltà Cattolica”, portavoce del Vaticano, è perfino peggio.

Alcuni titoli dal “Cittadino di Mantova” diretto da don Venanzio Bini: “Il pericolo giudaico”, “Il ghetto focolare della massoneria”, “Gli ebrei massoni cancro della cristiana civil società”, “Tracotanza giudaica”, “Le orde di Giuda”. Non da meno, a Milano, “L’Osservatore Cattolico” di un altro sacerdote, Davide Albertario, votato alla lotta contro il clero liberale - e i rosminiani in particolare - i socialisti e naturalmente gli ebrei. Questi ultimi sulle pagine dell’“Osservatore” vengono descritti come “padroni dappertutto” perché “l’ebreo è padrone dell’oro” e dunque “sovrano universale”; “l’ebreo possiede l’alta banca” e controlla l’opinione pubblica perché “chi possiede il denaro poi possiede la stampa; chi possiede la stampa possiede il potere”. Tra 1891 e 1892 il quotidiano lancia una campagna particolarmente violenta contro gli ebrei, accusati di sacrificio rituale: “Gli assassini rituali ebraici” e “Il rito di sangue ebreo” vanno annoverati tra i molti titoli sul tema in questo periodo. E infine “Il Veneto Cattolico” (che nel 1884 diventa “La Difesa”), che titola “La Progenie di Giuda”, “La crisi e gli ebrei”, “L’ebreo… ecco il nemico”, “Cecità universale rispetto ai pericoli dell’ebraismo”, “La cabala talmudica è sanguinaria” e così via.

Non c’è dubbio che siamo di fronte non a pregiudizi religiosi tradizionali, ma a una rassegna completa delle accuse rivolte agli ebrei dall’antisemitismo moderno. I motivi teologici non sono infatti più il motivo principale dell’ostilità, mentre l’accento viene posto sulla figura degli ebrei come agenti del mondo moderno e responsabili dei rapidi cambiamenti politici, economici e sociali dell’epoca. La stampa cattolica fa propri i motivi dell’antisemitismo secolare e perfino quando riprende temi antichi, come l’omicidio rituale su cui insiste “L’Osservatore Cattolico”, rappresenta gli ebrei come vampiri cosmopoliti che succhiano il sangue della società. Addirittura esplicita “La Difesa” quando, nel 1893, spiega che “motivo dell’antisemitismo non è la religione degli ebrei”. La propaganda cattolica di fine secolo ha peraltro illustri precursori, come papa Pio IX che già nel 1872 aveva attaccato la presunta influenza degli ebrei sulla stampa e denunciato la loro esclusiva devozione al denaro. L’ebreo deicida non scompare, ma sulla sua immagine di innestano floridamente le accuse che ne fanno un portatore della modernità, responsabile del rovesciamento della bella armonia del mondo antico dalla rivoluzione francese in avanti. La figura dell’ebreo cristallizza l’ossessione antiliberale e l’orrore per il cosmopolitismo della Santa Sede.

Perché dunque nell’Italia di fine Ottocento è assente quell’antisemitismo diffuso, militante e violento che emerge invece altrove in Europa occidentale, per esempio in Francia e in Germania? Per rispondere occorre prendere in considerazione la volontaria esclusione dei cattolici clericali dalla politica dell’Italia unita, riassunta dalla formula non expedit. Una delle conseguenze interessanti del lungo divorzio della Chiesa dalla politica italiana è che l’antisemitismo non riesce a concretizzarsi in una forza politica. La Chiesa ha tuttavia un ruolo determinante nella fissazione dell’antisemitismo come ideologia non (solo) religiosa, ma laica.

Giorgio Berruto

 

Ulrich Wyrwa Come si crea l’antisemitismo. La stampa cattolica italiana fra Otto e Novecento: Mantova, Milano, Venezia, Giuntina 2020, pp.95, € 12

 

 

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