Lettere
Sull’intervista ai Consiglieri Beiachad
Cara Direttrice,
Scrivo a proposito dell'articolo “Bilancio di un anno” di Bruna Laudi uscito sul numero di luglio di Ha Keillah, certa che vorrai dare adeguato spazio alla mia replica. Premetto una considerazione di metodo: è giusto provare a fare un bilancio del lavoro del Consiglio dopo un anno dalle elezioni, ma allora è necessario intervistare tutti i consiglieri (non solo quelli di Beiachad) e magari anche il Presidente, per dare un panorama completo e non parziale della situazione comunitaria.
Detto questo, passo a qualche obiezione di merito.
1) Durante la prima riunione di consiglio (pubblica), ai consiglieri eletti sono stati affidati i rispettivi incarichi, tenendo conto delle loro specifiche competenze, e democraticamente approvati e ratificati. Il risultato è stato che i Consiglieri di Anavim hanno ricevuto incarichi chiave nella gestione della Comunità, quali bilancio, personale, scuola, assistenza e comunicazione. Il settore del culto è stato affidato alla co-gestione di due consiglieri (uno di Anavim e uno di Beiachad). Successivamente sono state composte le commissioni e in tutte sono presenti rappresentanti dei due schieramenti, proprio per tener conto dei risultati elettorali (50:50 appunto) e per cercare una collaborazione fattiva fra le parti. Tutto questo nell'articolo non compare, anche se all'inizio si dichiara di voler fare un memorandum per i lettori “meno addentro alle questioni politico-amministrative”.
2) Dall’ultima parte dell’articolo cito testualmente: “[I consiglieri interpellati] esprimono disagio per alcune posizioni aggressive che sono emerse da parte di alcuni Anavim e che hanno reso faticose le decisioni”. Capisco che Beiachad avrebbe preferito che tutte le proprie proposte venissero approvate seduta stante come erano state presentate in Consiglio o in Giunta, ma la dialettica democratica prevede che, in una situazione di parità, si debbano trovare dei compromessi tra le differenti posizioni: il compromesso e la conseguente “fatica” per raggiungerlo fanno parte della gestione di una Comunità. Tutte le posizioni assunte da Anavim hanno sempre avuto come obiettivo l’interesse esclusivo della Comunità, sia in ambito organizzativo che in ambito economico. Ritengo inoltre il termine “aggressività”, oltre che gratuito e assolutamente inadatto per un discorso politico, anche dannoso perché mette a rischio i risultati della cooperazione fra Consiglieri fin qui raggiunti.
3) Da ultimo, vorrei far notare che alcuni consiglieri di Anavim si sono avvicinati alla vita comunitaria soltanto di recente, pur essendo iscritti da sempre. Diventa quindi difficile affermare che essi vogliano far “riemergere antichi rancori” o far tornare “i fantasmi del passato”.
Cerchiamo allora di sostenere il lavoro del Consiglio nella sua totalità, senza nascondere le difficoltà da affrontare dietro i contrasti del passato, ma guardando al futuro con obiettività e realismo.
Giulia Sorani
Presidente di Anavim
Ricordiamo che la lista Beiachad era ufficialmente espressione, in parte, del Gruppo di Studi ebraici e di Ha Keillah (peraltro in precedenza era stata rifiutata la proposta del GSE di formare una lista unica). Dunque è naturale il desiderio di chiedere ai consiglieri che avevano accettato la candidatura nella nostra lista di fare un primo bilancio del loro mandato. Precisiamo inoltre che nella riunione del Consiglio in cui sono state votate le commissioni non era presente per validi motivi una consigliera Beiachad, di conseguenza c’era una maggioranza Anavim; in tale riunione si è scelto di non tener conto di alcune competenze acquisite dai consiglieri Beiachad, per esempio nell’ambito della comunicazione. Ricordiamo infine che nell'intervista si riportano le impressioni dei consiglieri presenti alle riunioni, non le opinioni dell'articolista che, come l'autrice della lettera, non era presente alle riunioni di giunta.
HK
Carlo Levi, L'arte della politica
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