MAGGIO 2021 ANNO XLVI - 228 SIVAN 5781

 

 

Memoria

 

 

MEMO4345
Borgo San Dalmazzo: nuovi sguardi su un passaggio di storia

di Beppe Segre

 

Un luogo di memoria: il campo di Borgo San Dalmazzo

 

Del campo di internamento e transito di Borgo San Dalmazzo, organizzato all’interno di una ex caserma in prossimità della stazione ferroviaria e da cui furono deportati 357 ebrei, quasi tutti stranieri, non è rimasta oggi quasi nessuna traccia. Prima una scuola e poi gli uffici dell’ASL hanno cancellato in gran parte le strutture originarie. Per molti anni non è stato prodotto che qualche timido segno di ciò che è stato: l’intitolazione di una sala dell’ASL e della piazza antistante a don Raimondo Viale, Giusto fra le Nazioni; una stele in ringraziamento per i salvati.

Un lavoro significativo di consolidamento della memoria del campo e dei luoghi delle valli Gesso ad esso collegati è iniziato a partire dalla fine degli anni Novanta. La collocazione, per iniziativa dell’Istituto Storico della Resistenza in provincia di Cuneo, di tre vagoni-merci d’epoca nel piazzale antistante la stazione ferroviaria ed un successivo capillare lavoro di segnalazione (tabelloni lungo i sentieri e all’ex-campo, cartine, dépliant informativi e targhe bilingui ai colli Ciriegia e Finestre) hanno fatto “inciampare” i passanti in quella storia, diffuso un’informazione minimale e fissato qualche scheggia di memoria.

Il Memoriale della deportazione, realizzato nel 2006 nell’ambito del progetto Interreg ”Memoria delle Alpi, ”ha compiuto un decisivo passo avanti. Espone pubblicamente nomi, date di nascita e luoghi di origine, attira l’attenzione e suscita interrogativi. L’annuale marcia transfrontaliera dei primi di settembre verso i colli, promossa per più di un ventennio dall’associazione saluzzese Biandrata, ha dato e continua a dare un forte contributo sul piano emotivo alla diffusione e alla condivisione di questa memoria. La “Marcia dei lumini” ogni fine gennaio coinvolge la popolazione locale che porta luci al Memoriale ripercorrendo il cammino dei deportati dal campo alla stazione.

La decennale ricerca “Oltre il nome” condotta da Adriana Muncinelli ed Elena Fallo, ha raccolto materiali documentali, approfondito conoscenze e ricostruito vicende: tutti elementi che, confluiti per la maggior parte nel 2016 nel saggio Oltre il nome: storia degli ebrei stranieri deportati dal campo di Borgo San Dalmazzo, hanno reso realizzabile oggi l’offerta di una divulgazione di conoscenze ad un livello più complesso, nell’ambito del Progetto Alcotra Vermenagna – Roya", di cui il Comune di Borgo San Dalmazzo è capofila. Il progetto comprende, tra le altre attività, anche la realizzazione di un percorso di approfondimento storico - culturale - didattico sulla Shoah, all’interno dell’ex chiesa di Sant’Anna, allo scopo precedentemente ristrutturata, che si trova a pochi passi dal Memoriale.

 

Intervista alla curatrice del Museo

 

Parliamo, per saperne di più, con la professoressa Adriana Muncinelli, ricercatrice e storica della Shoah nella provincia di Cuneo, che su incarico del Comune di Borgo San Dalmazzo ha ideato, progettato e curato i contenuti del percorso di approfondimento, di cui è prevista l’apertura nell’estate. Con la denominazione MEMO4345, il percorso evoca sinteticamente la sua finalità e gli anni in cui è avvenuto ciò che si vuole ricordare.

 

A chi è dedicato questo museo?

È destinato
ai non ebrei, di ogni età e provenienza. Siamo noi, in quanto non ebrei, che abbiamo la responsabilità di conoscere e ricordare, generazione dopo generazione, cosa agli ebrei allora è stato fatto, o consentito di fare, da parte di chi ebreo non era. Per stare attenti, oggi, a non imboccare più quella via, fin dai suoi primi passi.

È dedicato agli ebrei che sono passati di qui e si sono salvati ed ai discendenti dei deportati con cui abbiamo riallacciato il filo della loro esistenza che qui si era spezzato.

Perché si dice che il campo di Borgo San Dalmazzo è un luogo di storia unico?

In questo luogo e nelle valli che vi confluiscono è passata ed è rimasta impigliata, per alcuni mesi, la macro-storia europea della persecuzione antiebraica della prima metà del Novecento, e si è intrecciata con la microstoria locale. La Storia è arrivata in questi luoghi sotto forma di persone in carne ed ossa, coinvolgendo a sua volta le storie e le vite degli abitanti di questi luoghi. Per questo i visitatori troveranno in MEMO4345 risposte dettagliate alle domande che si pongono su ciò che è accaduto a Borgo San Dalmazzo, Valdieri, Entracque tra l’8 settembre 1943 ed il 15 febbraio 1944, ma verranno guidati anche contemporaneamente alla conoscenza ed alla riflessione sugli elementi essenziali della Shoah in Europa.

Come è organizzato il museo?

Lo sviluppo dei contenuti ha dovuto adattarsi allo spazio dato e alla tipologia dei supporti materiali già indicati in un progetto preliminare generale. É stato quindi organizzato come un percorso attraverso sette “sguardi” sul passaggio di storia che ha segnato profondamente questi luoghi. Ogni sguardo mette a fuoco, con campi visivi diversi, un aspetto della vicenda.

Nella prima postazione, per esempio, lo sguardo è a campo lunghissimo, sull’Europa ed illustra in un video interattivo gli itinerari degli ebrei in fuga dai luoghi di origine al campo di Borgo, all’interno del contesto ideologico che li ha determinati. Il quarto sguardo, all’opposto è a campo totale per descrivere attraverso le voci dei narratori, le ferite inflitte dalle leggi razziali alle vite di otto famiglie.

La sesta postazione dialoga con la mente del visitatore attraverso ognuno dei passi verso il genocidio, mediante l’alternanza di racconto e animazione grafica …

Una fascia cronologica 1870 - 2020 percorre tutto il perimetro della sala. Cosa significa questa fascia? Perché proprio queste date?

La data di inizio è l’anno di nascita della più anziana dei deportati dal campo di Borgo San Dalmazzo, Ida Cossman Manasse, e insieme l’anno della fine della guerra franco-prussiana che si credette sarebbe stato l’ultimo conflitto europeo, dopo il quale furono assicurati all’Europa 44 anni di pace e campo libero al progresso tecnico e scientifico. Ma anche ai nazionalismi, alla xenofobia, al colonialismo, alla legittimazione di razzismo, antisemitismo, all’eugenetica che la disgregavano.

Il 2020 è la data in cui abbiamo concluso l’installazione. E coincide con l’esplosione della pandemia che ha bloccato il pianeta. La struttura dello spazio a disposizione ha permesso di rendere simmetricamente speculari i 75 anni fino alla fine della seconda guerra mondiale e i 74 dall’immediato dopoguerra al nostro presente.

La fascia cronologica ha perciò non solo la funzione di fornire un pratico riferimento temporale agli eventi di cui i visitatori leggono o ascoltano lungo il percorso, ma consente anche un utile esercizio di confronto per comprendere come il contesto intellettuale - ideologico - economico della modernità che ha costituito l’humus della Shoah permane sostanzialmente immutato ai giorni nostri. Ci siamo immersi. E quindi che lo studio e la memoria della Shoah possono costituire una fondamentale bussola per orientarci nelle scelte etiche del nostro presente.

Ogni museo si propone di insegnare qualcosa. Questo museo che insegnamento vuole trasmettere ai visitatori?

Dalla conoscenza storica non deriva automaticamente la certezza della acquisizione dei valori etici e civili che si vorrebbe, attraverso quella conoscenza, suscitare. Ciò non significa che non valga la pena di provarci: a questo obiettivo sono dedicate in particolare le ultime tre postazioni.

Il primo “insegnamento” sta nello smontare lo stereotipo della Shoah come improvviso “male assoluto”, opera di Hitler e di un pugno di indemoniati nazisti circondati da innocenti, per ricondurla a quello che invece in realtà fu: l’esito finale di un consenso graduale e sempre più diffuso di normali uomini e donne di tutta Europa. Proviamo quindi a spiegare quali siano i meccanismi che hanno caratterizzato, uno dopo l’altro, i passi verso la Shoah, passi comuni ai genocidi che l’hanno preceduta e seguita. Alcuni di quei passi sono riconoscibili anche in molti luoghi del nostro presente. Ognuno avrebbe potuto esse fermato; vinsero invece il consenso, la convenienza e il silenzio dell’indifferenza. Cerchiamo di spiegare perché.

 Di qui deriva il secondo insegnamento: la storia siamo (anche) noi. Perché sempre ci fu qualcuno che si oppose a quel processo e tentò di fermarne la traiettoria mettendosi in gioco. Non riuscirono nell’intento perché erano pochi, ma mostrarono che era possibile. Sono i “giusti”: giusti resistenti, che profeticamente videro lontano, giusti disobbedienti, che con coraggio dissero no alle leggi ingiuste, anche se non li riguardavano personalmente, e infine i Giusti che salvarono la vita degli altri rischiando la propria. Sono quelle che abbiamo chiamato “scintille di speranza”. Su questi temi per gli studenti sono state predisposte anche attività didattiche mirate, che potranno essere fruite a complemento della visita su richiesta dei loro insegnanti.

Allora, con questo percorso il lavoro su Borgo San Dalmazzo è finito?

Questo allestimento rappresenta certamente la realizzazione di un intento da anni condiviso con le diverse amministrazione comunali sulla strutturazione della memoria di questi luoghi. È, nello specifico, il prodotto di un lavoro collettivo, di competenze e conseguenti punti di vista diversi, tutti convergenti sul medesimo obbiettivo. E per me la chiusura di un impegno che mi ha, per metà della vita, coinvolta profondamente. Ma, e questo è il bello, tutto ciò che si produce in termini di conoscenza storica rappresenta sempre anche il punto di partenza di chi proseguirà. La conoscenza, e di conseguenza la memoria, che ad essa deve rimaner legata se è memoria onesta, è una staffetta senza fine. Ci saranno, mi auguro, altre ricerche, altre domande, altri sguardi, correzioni di dati e di interpretazioni, che manterranno viva questa memoria nel tempo. Per intanto questo nuovo allestimento è già stato predisposto in buona parte come un work in progress: i percorsi di fuga attraverso l’Europa, il data-base dei nomi di tutti gli ebrei giunti nelle valli Gesso e l’angolo delle storie, con il materiale d’archivio già disponibile, saranno fin da subito periodicamente incrementati.

Intervista di Beppe Segre

 

 Borgo San Dalmazzo, MEMO4345, insegna,
Foto Studio Kuadra

 

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