OTTOBRE 2021 ANNO XLVI-230 CHESHVAN 5782

 

 

Storia e memoria

 

 

 

Sprazzi di memoria

Franco Segre

 

 

Giochi con la Nena

“Voglio salire in braccio della Nena!”. Le sue coccole appartengono ai miei giochi preferiti. Si chiama Caterina Dhò; è la nostra “donna di servizio” assunta quando sono nato; ma per me non è un’estranea, fa parte della famiglia: è lei la mia seconda mamma, che mi porta a spasso, che fa da mangiare, che mi canta le canzoni e mi fa ballare sulle ginocchia, che mi fa andare a letto. E sarà poi la persona che metterà in salvo la nostra famiglia!

1942 - Ci siamo trasferiti in casa dei nonni materni, ritenuta meno esposta della nostra al rischio dei bombardamenti. È sabato sera e il nonno Dorino passeggia su e giù per il lungo corridoio cantando a squarcia gola il salmo “Ledavid Barukh …” secondo il motivo del suo paese natale Nizza Monferrato. All’ora del coprifuoco passa sotto casa la pattuglia e grida “Luce, luce” per costringerci a stare al buio. Io capisco “Duce, duce” e la Nena ci rassicura: “Non quello, per fortuna!”

È la Nena che ci aiuta a scendere in cantina quando in piena notte suona l’allarme. Provo ancora oggi un brivido quando ascolto una qualunque sirena, ed ho ancora nelle orecchie la frase preoccupata della mamma “Sacucin d’Ulanda”, mentre mi afferra dal letto in piena notte per portarmi nel sotterraneo, la voce del nostro cugino Pinutin del piano di sotto che brontola “Ma l’è pà pussibil!!”, la voce della Nena che ci assicura che fra poco finirà, il suono ovattato e rimbombante dei futili discorsi della gente pigiata in cantina, mentre io godo del lusso di avere un lettino tutto per me, dove riesco pure ad addormentarmi. Il suono del “cessato allarme” mi risveglia: si torna su. Il gioco è finito: buona notte!

Sarà la Nena a consigliarci di lasciare Torino ed accettare l’invito del nostro cugino Arturo a spostarci, per maggiore sicurezza, nella sua grande casa di Nizza Monferrato.

 

Mercatino dell'usato, foto di Giulio Momigliano

 

Giochi con Arturo – Il mio primo Seder

Arturo non è sposato. È un uomo magro e altissimo, gioviale, divertente, sempre pronto ad inventare per me giochi, canti e filastrocche che mi entusiasmano. Vive con il fratello Augusto in una casa enorme di Nizza M., dove c’è un intero piano a nostra disposizione. Sono entrambi negozianti di stoffe nel centro della cittadina e sono molto popolari: tutti i passanti li conoscono, si fermano, li salutano, li riveriscono scambiando un po’ di chiacchiere, con qualche acquisto. La giovialità della gente mi dà l’impressione che siano tutti una grande famiglia.

Nella loro casa vive anche la novantenne zia Allegrina, completamente sorda e immobilizzata a letto per una malattia senile che non le consente di alzarsi. Ma la sua disgrazia non le impedisce di essere sempre di ottimo umore: la ascoltiamo mentre canta a squarciagola, a tutte le ore, benché la sua sordità le impedisca di accorgersi di qualche stonatura. Mi diverto ad osservare la Mamma che dialoga a lungo con lei con l’alfabeto muto: vedo che ridono o si rattristano all’unisono in funzione di misteriosi e velocissimi segni che si scambiano. Penso che sia proprio un bel gioco: le invidio!

Le passeggiate in collina sono un grande divertimento. Le alture del Monferrato sono splendide: le strade che salgono e scendono dolcemente, circondate da prati ed alberi fioriti, con bellissimi squarci panoramici che si susseguono ad ogni curva, creano un’atmosfera d’incanto, raddolcita dai bellissimi giochi e racconti di Arturo. Quando dico di essere stanco mi afferra e mi innalza a cavallo delle sue spalle altissime, da dove mi pare di godere di un panorama ancora più vasto, allietato da sue associazioni di parole buffe e divertenti. Ricordo ancora, al procedere dei passi, una sua sequenza di alterazioni del mio nome: “Franco, Francotto, Cotto, Cottino, Cutìn, Gonna”. Dunque “Gonna, come stai?”. Rispondo da lassù: “Mi scappano le mani …”. Replica: “Non aver paura. Ti tengo bene!” È un bel gioco anche questo.

Ma il gioco più bello è il primo Seder della mia vita. Tutto è meraviglioso: le immagini misteriose delle Aggadot, l’alternarsi dei testi con melodie cantate dal Nonno, dalla Nonna, da Arturo, dal Papà, dalla Mamma (saprò poi che sono incroci dei riti di Nizza, Casale, Saluzzo, Vercelli, Torino) e finalmente da tutti insieme, dei cibi insoliti e prelibati, tutto mi crea un fascino che perdurerà per tutta la vita. Con tanta meraviglia, mi chiedo poi dove è finita l’afiqomen, che mi è stata consegnata in custodia e che conservavo gelosamente. Ci rimango male, ma poi mi accorgo che tutti sorridono: capisco allora che anche questo è un gioco: ritrovo presto l’azzima smarrita e la consegno trionfalmente con l’applauso generale. Guardo l’ora: è mezzanotte: non sono mai andato a letto così tardi. È così che si diventa adulti?

Franco Segre

Mercatino, foto di Giulio Momigliano