MAGGIO 2022 ANNO XLVII - 233 IYAR 5782
Libri
Mi chiamo: un esilio nel bosco
Bruna Laudi
Roberta Anau è tornata a raccontarsi attraverso tre brevi storie pubblicate da una piccola casa editrice piemontese di nicchia, la Buendia Books, che punta alla valorizzazione degli autori che risiedono nella regione e si prende cura di loro in tutte le fasi del lavoro.
Tre storie, tre personaggi: il titolo è emblematico, soprattutto per chi ha la fortuna di conoscere Roberta: “Mi chiamo” significa anche “ci sono, ricordatevi di me, venite a trovarmi nel mio bosco incantato…”
Perché bisogna sapere che Roberta Anau, per trent’anni, è stata la titolare della Miniera, un luogo fatato che non si può chiamare agriturismo, sarebbe riduttivo: era il posto della conoscenza della tradizione kasher di Ferrara, sua città di nascita, della celebrazione in compagnia delle feste ebraiche, ma anche di feste famigliari a carattere più intimo e sempre aperte alla Comunità e agli amici esterni ad essa. Un luogo di cibo buono, convivialità, amicizia e fiori e animali.
A un certo punto, purtroppo, mancano le forze per portare avanti una simile impresa e Roberta ha deciso di chiudere: subito dopo è sopraggiunto il lockdown e l’esilio forzato in un paradiso naturale che facilmente, però, si trasforma in prigione.
Nascono così i tre racconti del libro, che prendono il titolo dalle protagoniste: Nerina, Roberta e Hinnenì. Tutte si raccontano in prima persona.
Particolarmente godibili sono i versi, che troviamo sparsi nei racconti, in cui di Roberta si ritrova la sottile vena ironica e il tratto di pennello della sua creatività.
Nerina era a servizio nella famiglia Anau, quando lei e i fratelli erano bambini: lì ha imparato a cucinare, con qualche oltraggio, sempre perdonato, alla kasherut, e a occuparsi dei bambini, sotto lo sguardo vigile della signora Fernanda. Ma lei ha portato nella casa il suo grande amore per l’opera e la piccola Roberta “Micio” ha imparato a cantare con lei le arie più famose…
Roberta invece ci racconta il suo quotidiano in quello che è diventato un eremo, la sua sapienza botanica, la sua capacità di parlare con gli animali, il suo carattere forte e impetuoso, timido e aggressivo ma anche il pessimismo e la paura della solitudine e del futuro.
Infine c’è Hinnenì (in ebraico eccomi), una figura fantastica che Roberta immagina di incontrare durante una passeggiata nei boschi: porta con sé l’esperienza di una yeshivà lontana, dove si sono avvicendati giovani e vecchi, rabbini e sapienti, donne e uomini. I loro nomi hanno radici ebraiche e sono quelli degli animali della foresta: Arié, Acavishà, Chasidà… (leone, ragno, cicogna), e ricordano le loro abilità speciali.
Chi scrive ha trovato un legame tra Roberta e Hinnenì, ma è una interpretazione assolutamente soggettiva: l’autrice, interpellata, si è limitata a sorridere, divertita.
Hinnení rappresenta la storia e il mondo, un ebraismo con radici lontane nel tempo e nello spazio. La Miniera è un microcosmo che trova la sua ragione e un senso alla sua storia solo se entra a fare parte dell'universo di Hinnení.
Bruna Laudi
Roberta Anau, Mi chiamo, Buendia Book, pp.44, €4
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