LUGLIO 2022  ANNO XLVII - 234 TAMMUZ 5782

 

 

Libri

Nedelia nello spazio

Bruna Laudi

 

Il libro di Chiara Segre si legge in breve tempo, un viaggio in autobus da Pinerolo a Torino, ma le sue dimensioni sono grandi, nello spazio e nel tempo. Sono le dimensioni degli affetti, di una nonna speciale, che continua a emanare serenità, dolcezza ed equilibrio anche ora che non è più tra noi.

Questo testo è un’operazione letteraria originale: una nipote, Chiara, parla con la voce della sua nonna e racconta di un’infanzia spezzata dalle leggi razziali, ma non vinta. Il libro è quindi la trascrizione fedele dei ricordi che Nedelia narrava ai nipoti e ai ragazzi delle scuole dove portava la sua testimonianza: Chiara ha messo insieme la tradizione orale dell’infanzia e gli appunti scritti dalla nonna negli anni e trovati nella scatola che Nedelia portò con sé, andando alla casa di riposo, quando sentì di non riuscire più a essere indipendente. Al lettore sembra di leggere il diario di Nedelia e di vederla mentre racconta, con stupore, le vicende terribili della sua infanzia, o parla del suo amico immaginario o del fascino che esercitava su di lei il cielo stellato. Il libro è impreziosito dalle illustrazioni: fotografie di delicati ricami, eseguiti da Alessandra Ochetti, che interpretano alcune parti del testo, rivelando una sensibilità che non lascia indifferenti.

 

Nedelia a Sauze D'Oulx con Giorgio, Marcello Costa e Puck, 1943

 

Chi ha avuto la fortuna di conoscere Nedelia sa che conservava i tratti della bambina che era stata e la gioia di vivere, di raccontare, di comunicare: Chiara riesce a riprodurre con la sua scrittura le peculiarità della nonna e a comunicarci, senza dirlo esplicitamente, il grande affetto che le legava.

Ci introduce alla lettura Rav Pierpaolo Punturello aiutandoci a riflettere sulla descrizione di un mondo che a volte perde i suoi colori, come scrive Nedelia nella poesia che compare sul frontespizio: ma essi ritornano e sono preziosi e non bisogna lasciarli fuggire. Un messaggio che è una sorta di etica dell’ottimismo.

Rav Roberto Colombo nella sua “Lettera a Nedelia” ci riporta a una dimensione più intima dove la capacità di accogliere le persone con allegria si unisce al dono di un insegnamento vivo, coinvolgente, che ha educato all’ebraismo, e non solo, generazioni di allievi della scuola ebraica di Torino.

Aggiungo che, come una volta gli artigiani trasmettevano ai figli gli antichi mestieri, così è successo in questa straordinaria famiglia e le doti pedagogiche sono passate in eredità fino a Chiara.

Soprattutto è importante il messaggio che Nedelia prima e Chiara ora, vogliono trasmettere: si può raccontare la Shoah ai bambini? Sì, si può e si deve, ma nel modo giusto. Non terrorizzandoli con gli orrori, col rischio di sollecitare curiosità morbose, ma mettendo in luce gli atteggiamenti positivi che, anche nei periodi più bui, emergono e danno luce all’umanità: la famiglia Costa che ospita la piccola Nedelia a Sauze d’Oulx nell’inverno tra il 1943 e il 1944 o le suore dell’Istituto del Buon Pastore che la nascondono fino alla fine della guerra. Nedelia è ben cosciente di quanto ha ricevuto e si chiede “Ma io, in mezzo a un oceano di odio, avrei dato rifugio ai figli di un altro popolo?”. Questa è la domanda che tutti dovremmo porci.

Solitamente, quando si recensisce un libro, non ci si sofferma sulla presentazione che ne è stata fatta al pubblico: ma, in questo caso, non si può fare a meno di raccontare l’emozione che tutti abbiamo provato ritrovandoci numerosi nel centro Sociale della Comunità Ebraica, con un pubblico eterogeneo per età, alla presenza di tanti bimbi. Insieme all’autrice, all’illustratrice e a Mara Di Chio, che coordinava l’incontro, c’era un signore che nessuno conosceva, silenzioso, a tratti quasi imbronciato: ha esordito dicendo che in famiglia lo rimproveravano di non conoscere le buone maniere e lui, molto serio, ha attribuito le sue manchevolezze a Nedelia! Un attimo di stupore collettivo, poi ha raccontato di essere Giorgio Costa, uno dei due fratellini ritratti con Nedelia allora quattordicenne nell’inverno del 1944 sulle nevi di Salice d’Ulzio (foto a pag.44), località italianizzata nel nome, secondo la legge fascista! Per giustificare la presenza della ragazzina la mamma aveva detto ai due bimbi che era stata assunta per educarli… È seguito il racconto di come Giorgio, che abita a Buenos Aires, abbia ritrovato Nedelia solo nel 2007, grazie a Internet: il loro primo incontro è stato al Seder (cena pasquale) in casa Segre nel 2008, in seguito ci sono stati i riconoscimenti ufficiali dell’eroico comportamento dei genitori di Giorgio da parte della Comunità di Torino prima e poi dello Yad Vashem. All’emozione del libro si è quindi aggiunta quella dei legami ritrovati che hanno permesso a tutti noi di vedere l’arcobaleno, come avrebbe voluto Nedelia.

Bruna Laudi

Chiara Segre, Nedelia nello spazio Ed. Salomone Belforte & C, Livorno, pp. 49, €14,00

 

 

 

 

 

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