Egregio professore, non la conosco personalmente ma seguo sempre con molto interesse e direi anche con simpatia i suoi interventi. Sono una delle firmatarie dell’appello contro la pulizia etnica. Ho assistito al suo intervento organizzato dalla associazione Italia Israele di Milano di giovedì 27 febbraio. Immaginavo che non avrebbe condiviso il documento ma non mi aspettavo una reazione così emotiva e a mio parere eccessiva.
Fin da piccola ho frequentato la mitica scuola ebraica di via Eupili di Milano nella quale il direttore Schumann faceva in modo che fossimo quotidianamente informati degli eventi relativi alla nascita dello Stato di Israele. Con grande trepidazione seguivamo le notizie talora drammatiche e talora incoraggianti e partecipavamo al dolore per i tanti giovani che sacrificavano la vita. Da allora sono sempre stata legata al mondo ebraico nella sua multiforme evoluzione. Naturalmente Israele è sempre stato un punto di riferimento forte che mi ha coinvolto sia nei momenti di pericolo che in quelli di successo.
Oggi assisto con dolore al progressivo allontanamento dalla democrazia dello Stato di Israele. Il dramma del sette ottobre ha naturalmente procurato orrore, sgomento e stordimento. Malgrado ciò pensavo che il governo israeliano si sarebbe preoccupato per prima cosa di liberare le persone sequestrate come nella tradizione del Paese invece mi sono resa conto che la reazione del governo è stata prevalentemente dettata dal desiderio di vendetta. Contemporaneamente in Cisgiordania viene
usata la violenza per indurre la popolazione araba ad abbandonare i territori in cui ha sempre vissuto e di cui Israele si vuole impossessare.
È nella tradizione ebraica che ad ogni importante evento familiare ci si ricordi di Israele mediante offerte al Keren Kayemeth. Confesso che sono entrata in crisi pensando che una offerta al Keren potesse anche minimamente rappresentare una adesione alla politica del governo israeliano. Dopo mille esitazioni ho preferito affidarmi ad organizzazioni in Israele che si occupano delle minoranze.
Nella diaspora la maggioranza degli ebrei appoggia Israele “senza se e senza ma” o tace mentre mi sarei augurata che si creasse una dialettica e non una contrapposizione netta e aprioristica.
In Israele come lei ci ha detto solo un 10% della popolazione coraggiosamente si ribella a questo stato di cose. Per me questa minoranza rappresenta un faro di democrazia e di impegno per la convivenza che contrasta l’attuale tendenza a privilegiare la ragione del più forte e l’arroganza.

Queste sono le considerazioni che mi hanno indotto a firmare l’appello di cui sopra.
Un sentito Shalom.

Lia Montel Tagliacozzo

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