GAZA – Odio e amore per Israele

di Giovanna Grenga

Nelle prime pagine del libro Gad Lerner ricostruisce ore tragiche: gli israeliani vengono sfollati dalle zone di confine presso il Libano, per i lanci di razzi da parte degli Hezbollah, e dal Sud del Paese; mezzo milione di persone in ricoveri di emergenza. Netanyahu, il premier più longevo della storia d’Israele, aveva gravemente sottovalutato il potenziale militare di Hamas. L’involontaria convergenza fra Hamas e destra israeliana sul medesimo punto fermo e cioè nessun compromesso possibile, diniego assoluto dell’altro come nazione aveva forse prodotto la paradossale illusione che il tempo giocasse a favore di Israele nel procrastinare sine die un esito di pacificazione con i vicini di casa. Lo sfondamento della barriera di Gaza, sintetizza Lerner, fa intravedere, ambigui e potenti, i sostenitori di Hamas: non solo l’Iran, ma anche la Turchia, il Qatar, l’Algeria, in affari con l’Occidente per armi e rifornimenti energetici.

Le riflessioni maturate nel corso di anni diventano per l’autore, attento osservatore di Israele, urgenza di scrittura già nelle ore successive al massacro di 1200 persone del Sud di Israele, mentre si compilano i nomi dei 240 sequestrati, 10 mesi il più piccolo. Per comprendere quelle ore drammatiche Lerner analizza le “derive di Israele”; prima di tutto la concezione della Diaspora come un’entità minacciosa, dispersa ai quattro punti cardinali della Terra, da debellare, secondo l’idea che Israele sia lo sbocco in cui trova annullamento e superamento ogni altra millenaria espressione di ebraismo. Nato sull’altra sponda del Mediterraneo e arrivato da bambino in Italia, famiglia con radici nei territori della grande tradizione ebraica baltica e galiziana, Lerner non ritiene possibile il divorzio degli ebrei dalla loro patria europea, né augurabile.  E non di meno ama Israele che ha dato casa e salvezza alla sua famiglia antica, trepida per i legami di oggi, familiari e amicali, nell’” unica democrazia” del Medioriente. Lo sguardo si fa intimo e politico al tempo stesso  quando parla di tribù;  i ragazzi della dolcevita dei quartieri alla moda di Tel Aviv e gli ormai quasi duecentomila haredim ortodossi di Bnei Brak, le famiglie omosessuali guardate con disprezzo dai tradizionalisti, la borghesia laica dai gusti europei, con doppio passaporto e casa all’estero,  i nativi sabra relegati  nei quartieri di periferia, i russi e gli ebrei originari dei paesi arabi, gli arricchiti con l’economia disinvolta  e un proletariato  senza più denaro  per abitare (mercato immobiliare proibitivo) e  deprivato di beni essenziali.  Ci vuole coraggio in tempo di guerra, mentre si invoca non si sa bene quale unità del Paese, a denunciare, come fa Lerner, le spaventose disuguaglianze sociali, l’acuirsi interclassista delle fratture culturali. Tra queste il sionismo religioso che propone un’interpretazione fondamentalista della Bibbia che tracima dalla spiritualità nella materialità, come mai era accaduto in precedenza, fin quasi al feticismo della terra.

Lerner chiama Rinascimento ebraico (ma la rinascita si era avviata già prima degli anni più bui del Ventesimo secolo) quanto accaduto dopo la Dichiarazione d’indipendenza dello Stato d’Israele, il 14 maggio 1948. Il trauma del 7 ottobre è quindi acuito dal timore che un Rinascimento, quale progetto nazionale del sionismo, di ispirazione messianica ma al tempo stesso terrena, ebraica e democratica, sia snaturato dall’involuzione in corso nella società israeliana. Le condizioni di vita dell’israeliano medio restano distanti da quelle di un palestinese di Gaza; reddito pro capite del 2022: 55.000 dollari l’anno il primo, 1300 il secondo. Ma se i gazawi confrontano la loro condizione con il benessere diffuso oltre la frontiera blindata, l’israeliano per decenni non ha voluto guardare al di là di quella barriera. Una vera e propria rimozione di massa della questione palestinese; eluderla è stata secondo l’autore una non-scelta e la questione palestinese si è riproposta nella guerra di Gaza nel modo peggiore. L’integralismo di Hamas, così come quello del sionismo religioso, interpretano un fanatismo contagioso e rovinoso. Hamas, che significa Movimento di resistenza islamico, è una serpe in seno nata e cresciuta fra i palestinesi, capace di esaltarli mentre li conduce alla rovina vincolando la riscossa nazionale palestinese a un progetto religioso.

Nell’analizzare il rapporto tra Israele e l’Iran Lerner affronta i nodi geopolitici delle due realtà rigeneratesi in forme nuove e impreviste nel secolo scorso. Le due potenze mediorientali (una già atomica, l’altra intenzionata ad esserlo) sono protagoniste di una sfida mortale a fronte di sproporzione demografica (9 milioni di abitanti Israele, 90 milioni Iran).
L’Iran, in assenza di controversie territoriali, ha una continuità statale di quattromila anni a contare dall’antica Persia, diversamente da Israele: pur se oppressa da un regime teocratico, la società civile iraniana ha vissuto processi di modernizzazione che l’hanno resa più evoluta rispetto ai paesi circostanti, a cominciare dal movimento delle donne, mentre l’etnocentrismo dei sionisti messianici ha ben poche chance di successo nel mondo contemporaneo e, per assurdo, somiglia alla dirigenza iraniana.
Se prevedessimo un mondo futuro dominato da teocrazie, e se la stagione delle democrazie fosse solo una parentesi della storia, l’Iran degli ayatollah, riflette l’autore con amara ironia, potrebbe esserne considerato a pieno titolo l’antesignano, un faro per i messianici….

E ce n’è anche per l’invenzione di una nuova Internazionale, nella quale i palestinesi senza terra, e i diseredati di tutto il mondo, dovrebbero militare insieme ai fondamentalisti islamici ovvero senza distinguere fra la politica di Hamas e le sventure del popolo palestinese. Chiunque abbia una minima conoscenza della natura reazionaria, liberticida e fanatica dell’Iran, di Hamas e di Hezbollah non dovrebbe invece lasciarsi incantare dalla loro ambizione di rappresentarsi paladini dell’anti imperialismo.
L’idea di un unico Stato binazionale democratico e pluralista che comprenda l’intera Palestina storica, nel quale convivano quindici milioni di arabi e di ebrei, appare oggi ancor meno realistica di ieri, ma scenari di speranza sono possibili, sostiene Lerner. Ci vuole raziocinio per osservare la catastrofe in corso e   senza revanscismi convergere su cambiamenti profondi di natura culturale e religiosa.

Nessuno dei due popoli ha un altro posto in cui andare. Dovranno conviverci, se non vorranno avere in comune solo un grande cimitero. Non basteranno quindi (…) la Bibbia e il Corano, e neppure le dottrine ereditate dal Medioevo, a regolamentare l’inevitabile convivenza. Requisiti indispensabili per convivere in pace come la democrazia, il pluralismo, lo Stato di diritto, la parità di genere, l’abolizione della schiavitù non erano concepibili e non potevano essere inscritti né nei Dieci Comandamenti biblici né nella sharia coranica. (p.161)

Scrivevo sopra che Lerner conosce bene Israele: anche quelli che, in pieno conflitto, non hanno interrotto i contatti con gli amici dall’altra parte del confine, continuano a recarsi ai checkpoint per accogliere bambini palestinesi in cura negli ospedali israeliani, promuovono incontri fra le oltre 700 famiglie di Parents Circle che hanno perso dei congiunti in attentati, sparatorie, bombardamenti e coloro che manifestano per il cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e lo sblocco degli aiuti umanitari.
Chi se non queste donne e questi uomini che si messaggiano via WhatsApp fra Nablus e Tel Aviv, fra nemici che non vogliono esserlo, sempre con l’ansia di non nuocere a chi riceve un “come stai?” di per sé compromettente, ma correndo lo stesso il rischio perché vivrebbero come un fallimento definitivo rinunciare a questa dimensione di umanità; chi, dunque, se non gli utopisti israeliani e palestinesi, ci sta indicando le buone pratiche da opporre a una strage senza fine?  (p.163)
Da loro verranno le idee feconde, le più realistiche, anche per chi dovrà ricominciare a vivere in società ridotte allo stremo dalla guerra.

 

GAD LERNER – GAZA Odio e amore per Israele FELTRINELLI, maggio 2024, Scintille, (Pag. 256, € 17,10)