Intervista a cura di Filippo Levi

L’istituto Cattaneo di Bologna ha condotto nell’autunno scorso una interessantissima indagine sull’antisemitismo nelle università del nord Italia estesa a 2579 studenti di vari corsi di laurea. Il caso ha voluto che l’indagine si sia svolta a cavallo degli eventi del 7 ottobre, fornendo quindi ai ricercatori un’opportunità irripetibile per capire le dinamiche temporali dell’antisemitismo prima e dopo l’attacco di Hamas e lo scoppio della guerra a Gaza.

L’indagine è stata condotta ponendo agli studenti 15 affermazioni, che si possono raggruppare in quattro tipologie differenti di “pregiudizio”, e riportate per esteso nella tabella 1.

  1. L’accusa della cospirazione che, per intendersi, fa riferimento all’antisemitismo dei Protocolli degli Anziani di Sion.
  2. L’accusa di “doppia lealtà” che, per intendersi, fa riferimento all’Affaire Dreyfuss
  3. L’accusa di comportarsi da nazisti, ossia riconducibile al revisionismo storico, negazione della Shoà, ed all’antisionismo radicale di matrice terzomondista (sionismo=razzismo).
  4. Il contributo intellettuale e scientifico degli ebrei, questo atteggiamento può non essere antisemitismo, ma è comunque indicazione di vedere negli ebrei dei diversi.

Unitamente alle domande è stato chiesto agli studenti di posizionarsi su di un asse politico-identitario destra/sinistra, risultante in 5 categorie: sinistra, centrosinistra, centrodestra, destra, nessuna categoria.

I risultati dell’indagine sono sintetizzati nella tabella seguente.

I risultati, seppure allarmanti per quanto riguarda l’ampiezza del pregiudizio antisemita, non sono forse così sorprendenti, e la dinamica dei pregiudizi sull’asse destra sinistra non sorprende più di tanto.

Si ha infatti una marcata dinamica sinistra destra per quanto riguarda le accuse della cospirazione e della doppia lealtà, con una dimensione del pregiudizio che è dalle due alle tre volte sopra la media negli ambienti politici di centro destra e di destra. Il “pregiudizio positivo” è abbastanza omogeneamente distribuito, seppure le variazioni destra sinistra siano comunque statisticamente significative.

L’area che abbiamo trovato più interessante è però quella legata al terzo gruppo di domande, ossia quelle che riguardano Israele ed il rapporto con la storia recente della Shoah e del nazismo. In questo gruppo di domande, ad eccezione della quarta “gli ebrei parlano troppo delle loro tragedie e trascurano quelle degli altri”, si ha un andamento a U, dove il pregiudizio aumenta sulle fasce di sinistra e di destra, con un forte sbilanciamento a sinistra per l’affermazione che Israele si comporti come i nazisti, ed un forte sbilanciamento a destra per l’affermazione che gli ebrei sfruttino la Shoah per giustificare la politica di Israele.

Un punto di particolare interesse della ricerca è la dinamica temporale delle risposte a cavallo del 7 ottobre. Se per le affermazioni relative ai primi due gruppi, si è evidenziato una momentanea riduzione del sentimento antisemita a seguito dell’attacco di Hamas, per quanto riguarda il terzo gruppo di affermazioni si è evidenziato invece un significativo aumento della percezione negativa di Israele, che viene paragonato alla Germania nazista. Quello che stupisce è che, come riportato nel grafico seguente, questo sentimento non si manifesti a seguito della reazione israeliana nella striscia di Gaza, ma si manifesti immediatamente dopo il 7 ottobre. Questo indica cioè che l’attacco barbaro e sanguinario di Hamas non è stato condannato, ma anzi giustificato e approvato. Questa dinamica è tanto più marcata quanto gli intervistati si dichiarano appartenenti alla parte politica di sinistra.

 

 

Per approfondire alcuni elementi evidenziati nello studio, abbiamo chiesto al Prof. Asher Colombo, presidente dell’Istituto Cattaneo, di commentarli per noi.

I primi due gruppi di affermazioni che avete fatto nella ricerca si rifanno agli stereotipi classici dell’antisemitismo, mentre invece il terzo gruppo si riferisce espressamente ad Israele. Dove si situa il confine tra la critica politica allo Stato di Israele e una nuova forma di antisemitismo?

In realtà è un insieme piuttosto complesso di affermazioni che non necessariamente fa riferimento a specifici comportamenti del governo israeliano.

Ad esempio tra queste c’è l’affermazione che gli ebrei utilizzano la Shoah per giustificare il comportamento di Israele, quella che gli ebrei si sono trasformati da un popolo di vittime a un popolo di aggressori o quella sul governo israeliano che si comporta come la Germania nazista.

Quindi più che essere un insieme di affermazioni che riguarda un comportamento specifico del governo israeliano è un insieme di affermazioni che riguarda il rapporto tra gli ebrei, la Shoah e la politica israeliana.

C’è poi un secondo elemento che emerge dalla ricerca, il fatto che chi aderisce a queste affermazioni più facilmente aderisce anche alle affermazioni che si ritrovano nelle prime due dimensioni, ossia che si riconosce in affermazioni di antisemitismo più tradizionale.

Quindi ci sono molte ragioni per pensare che al netto dell’esistenza di una componente che probabilmente ha specifici rilievi da fare alla politica israeliana, c’è una componente estesa, che esprime atteggiamenti negativi nei confronti di Israele come paese e non critiche nei confronti di una specifica azione o di uno specifico episodio o di una specifica decisione del governo israeliano.

Questo è anche abbastanza evidente per il fatto che l’adesione alle dimensioni più classiche dell’antisemitismo è più marcata a destra, mentre il terzo gruppo trova più consenso a sinistra, quindi è chiaro che c’è una costellazione di valori sottostante che riguardano il rapporto con il paese e non una specifica critica al governo israeliano.

Infine, non dobbiamo dimenticare che questa domanda è stata fatta anche prima del 7 ottobre.

La vostra indagine evidenzia che in corrispondenza degli eventi del 7 ottobre c’è stata una lieve flessione nell’adesione alle affermazioni dei primi due gruppi, calo poi rientrato nelle settimane successive, invece per il terzo gruppo di affermazioni c’è anzi stato un immediato aumento di adesioni. Come mai l’onda emotiva che ha portato alla riduzione dell’antisemitismo classico non è presente nel terzo gruppo?

Questo secondo me dipende dal fatto che il profilo di chi aderisce alle prime due è molto diverso dal profilo di chi aderisce alla terza. Il profilo di chi aderisce alle prime due è più indifferenziato dal punto di vista politico, è un pochino più di destra ed è probabilmente stato influenzato dall’onda emotiva degli eventi del 7 ottobre.

Gli eventi del 7 ottobre hanno mostrato che c’è stato un pogrom, che gli ebrei sono delle vittime, e questa lettura degli eventi del 7 ottobre ha prodotto una certa riduzione dell’antipatia nei confronti degli ebrei o di crescita della simpatia, cioè emotivamente per qualche giorno si è percepito una maggiore vicinanza. Invece chi si sentiva più vicino all’affermazione del terzo gruppo, ha dato un’interpretazione completamente diversa di quegli eventi, non un’aggressione contro Israele, un pogrom, un attacco contro gli ebrei, un atto terribile, ma un’azione di resistenza dei palestinesi vissuta con un momento di entusiasmo, se mi passi il termine, e questo ha prodotto quell’effetto. Infatti quell’effetto di crescita di studenti che dichiara che Israele si comporta come i nazisti è avvenuto solo nella componente di centro-sinistra e di sinistra, mentre non è avvenuto tra chi si definisce di centro-destra o di destra.

Quindi in qualche modo un moto di simpatia nei confronti di quella che viene percepita come la resistenza palestinese.

Sì, e infatti questo è visibile anche dalle risposte a un’altra domanda che riguarda la simpatia nei confronti dei musulmani che a sinistra è cresciuta dopo il 7 ottobre; quindi, è proprio una reazione dovuta al diverso modo di definire quell’evento.

Avete evidenziato una differenza misurabile tra le diverse aree disciplinari all’interno dell’università.

Sì, alcuni indicatori di atteggiamenti negativi nei confronti degli ebrei sono più diffusi nelle facoltà umanistiche rispetto alle facoltà scientifiche. Però vanno dette due cose importanti, la prima è che questa riduzione di atteggiamenti negativi non riguarda solo gli ebrei ma riguarda anche altri gruppi, per esempio i musulmani. La seconda è che la stessa differenza si vede anche tra chi ha fatto studi superiori classici e scientifici.

Questo un po’ mi sorprende, tenderei ad associare al mondo umanistico un’apertura maggiore.

Certo, e forse anche una maggiore solidità di conoscenza della storia e delle discipline umanistiche e invece sembra che non sia così. Ricerche basate sulla risposta a test standardizzati di conoscenza delle varie discipline come PISA o INVALSI, mostrano che la preparazione dei licei scientifici è un po’ più alta, non solo in matematica ma anche in altre altre aree, come per esempio comprensione di un testo, lettura e storia.

Inoltre c’è anche una relazione tra il voto avuto alla maturità e i pregiudizi, non mi spingerei a definirla una spiegazione, ma ci sono evidenze del fatto che il livello di preparazione scolastica influenzi fortemente l’adesione agli stereotipi.

Data per vera questa correlazione tra il livello culturale e l’antisemitismo unita al fatto che la vostra indagine è stata condotta su studenti universitari, allarma molto quale possa essere la situazione generale dell’antisemitismo nel Paese. Voi avete anche dei dati su altri strati della popolazione?

No, non abbiamo dati comparabili, non siamo in grado di confrontare studenti e non studenti della stessa fascia di età. Questa domanda che fai è molto importante e anche noi ce la siamo posti varie volte. Sarebbe importante fare una ricerca a livello nazionale più approfondita con un campione, adeguato a fare analisi dettagliata, perché questo è un grande punto di domanda.

Veniamo infine al quarto gruppo di affermazioni, quelle positive. Dobbiamo leggerlo come un pregiudizio positivo o come un’espressione in contrasto con le affermazioni precedenti?

Questa è una domanda molto interessante. Noi abbiamo guardato la relazione tra le risposte a queste domande e le altre e c’è una correlazione negativa, tanto più gli intervistati rispondono positivamente alle affermazioni positive, dicono che gli ebrei hanno dato un contributo alla scienza e alla cultura, tanto meno dicono che gli ebrei controllano la finanza, controllano i media. Questo mi fa pensare che non si tratti di una forma di espressione di un pregiudizio.

Questa indagine è la prima di questo tipo o c’è una serie storica per poter dire se c’è un trend in crescita o in diminuzione dell’antisemitismo in generale?

No, è la prima che facciamo, l’Istituto Cattaneo in passato non aveva fatto ricerche su questo tema; quindi, non abbiamo la possibilità di fare dei confronti, purtroppo.

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