BENVENUTO BARUCH

Cambio di direzione all’Archivio Ebraico Terracini: HaKeillah rivolge il più caldo benvenuto e l’augurio di buon lavoro al nuovo direttore arch. Baruch Lampronti, che ha assunto la direzione dal gennaio 2025.

Di Lampronti, vi proponiamo un contributo, tratto da Un breve sguardo alla sinagoga di Torino. “Giorgio Olivetti. I giorni, le opere, la Sinagoga sotterranea di Torino”, pubblicato in versione integrale in “Atti e rassegna tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino”, anno 151 – LXXII – n. 2 – settembre 2018.

[…] Nei locali di fondazione, il tempio di Torino ospitava in principio depositi e una struttura definita panetteria, destinata alla produzione interna del pane azzimo per la Pasqua. Rimasti a lungo senza utilizzo, questi locali rientrarono più tardi in un piano di completa riorganizzazione degli spazi comunitari, sviluppato nel corso degli anni ‘60. Secondo il progetto, veniva demolito il vecchio fabbricato delle Scuole ebraiche – anch’esso progettato dal Petiti in continuità con il tempio e collocato alle sue spalle, fra le vie Sant’Anselmo e Galliari – e, al suo posto, veniva realizzato un complesso di cubatura assai maggiore, per potervi insediare anche la Casa di Riposo e gli uffici della Comunità. Nelle vecchie Scuole, un’ampia sala al piano terreno aveva sin allora funto da oratorio per l’uso quotidiano, noto come Tempio Piccolo. Con il rinnovamento dell’edificio si rendeva necessaria l’individuazione di un nuovo ambiente per tale funzione, per la quale nel 1946 era stato trasferito a Torino l’intero arredo della dismessa sinagoga di Chieri. Era inoltre maturata l’esigenza di una sede per l’attività delle numerose associazioni comunitarie e, dunque, di un locale che fungesse da “centro sociale”. Il Consiglio della Comunità incaricava così Giorgio Olivetti di studiare la collocazione di entrambi i servizi nei sotterranei del tempio grande. Ingegnere di formazione e rivolto alla progettazione architettonica sin dalla tesi di laurea nell’anno accademico 1956-57, Olivetti seppe interpretare le esigenze della Comunità – di cui egli stesso era parte – nella maniera più funzionale e, al tempo stesso, attenta alle peculiarità del contesto. Da subito pensò ad una suddivisione trasversale del grande locale interrato a volte e pilastri in laterizio, che si estende per tutta la lunghezza del tempio sovrastante. In una prima ipotesi progettuale, l’accesso al Tempio Piccolo era previsto attraverso la sala del Centro Sociale. Successivamente, viene definita la configurazione attuale, che prevede due ambienti di dimensioni leggermente minori ma indipendenti e disimpegnati da una galleria esterna che corre tutt’intorno al tempietto. In questa versione, Giorgio Olivetti ha saputo cogliere al meglio la qualità artistica degli arredi settecenteschi provenienti da Chieri: diversamente da quanto ipotizzato nella prima bozza, tutto lo spazio è concepito intorno all’imponente podio a baldacchino, il quale, da tradizione architettonica della sinagoga piemontese, era stato espressamente pensato per una collocazione al centro dell’ambiente. Lo schema planimetrico a pianta centrale, che in passato ha caratterizzato alcune sinagoghe d’Italia ma soltanto quelle del Piemonte in maniera sistematica, rimane oggi riconoscibile solamente in quelle poche scole che non subirono le modificazioni introdotte all’indomani dell’Emancipazione. Se normalmente vi ritroviamo un podio centrale, più o meno elaborato, e sedute per il pubblico disposte lungo le quattro pareti dell’aula, qui Olivetti ha voluto conferire ulteriore risalto al manufatto, e in particolare alla sua forma ottagonale, disponendo i banchi del pubblico in settori radiali che si dipartono da ciascuna delle sue facce. L’impianto ottagonale è, in questo modo, esteso sino ai tramezzi in laterizi forati che dividono la sinagoga dalla galleria esterna, e ben si armonizza con il contesto, dove le strutture rinforzate per la fondazione dei quattro torrioni agli angoli dell’edificio smussano con setti a quarantacinque gradi anche gli angoli del locale preesistente.

[…] All’interno di uno dei quattro vani definiti dalle fondazioni dei torrioni angolari, Giorgio Olivetti ha infine realizzato una piccola ulteriore sinagoga, la terza del complesso. Capace appena di una dozzina di posti, non era pensata, in realtà, per un utilizzo specifico. La Comunità la volle per ricreare un degno contesto intorno ad un’altra arca storica, sino allora utilizzata nella vecchia sede della Casa di Riposo in via Santa Giulia e, secondo quanto tramandato in alcune fonti storiografiche, appartenuta in origine alla sinagoga di rito tedesco nel Ghetto Nuovo di Torino. Grande significato ha assunto questo arredo per la Comunità: secondo un suggestivo aneddoto, l’originale laccatura d’età barocca sarebbe stata coperta di vernice nera come manifestazione di lutto per la morte del re Carlo Alberto nel 1849. Scelta, più verosimilmente, di aggiornamento stilistico, è in ogni caso divenuta simbolo del reale senso di gratitudine e lealtà sinceramente nutrito dagli ebrei torinesi verso il sovrano cui si legava l’acquisizione dei diritti civili.

Giorgio Olivetti sarà invitato dalla Comunità anche in seguito a curare personalmente le principali ristrutturazioni della sua opera. In questa vicenda, egli ha affrontato numerosi e importanti temi afferenti al progetto di architettura: dal restauro all’inserimento di nuove funzioni in un fabbricato preesistente e fortemente connotato; dal disegno degli interni, di arredi e di dettagli, alla ricollocazione di manufatti antichi, privati del proprio originario contesto di appartenenza, in continuità con il quale erano stati concepiti. Lo smembramento ed il trasferimento (anche all’estero) di arredi di pregio provenienti da sinagoghe italiane dismesse ha ampiamente caratterizzato i decenni successivi alla Guerra. Il tema del loro reinserimento appare qui studiato con particolare attenzione e, purtroppo diversamente da numerosi altri casi, viene risolto con modalità distinguibili, rispettose della qualità artistica degli arredi e del contesto, e in alcun modo casuali.

Dal 1970, quasi ogni attività dell’intensa vita comunitaria si svolge nei locali pensati da Olivetti.

BARUCH LAMPRONTI, IL NUOVO DIRETTORE.

Baruch Lampronti ha una conoscenza approfondita dell’Archivio Terracini, di cui ha catalogato il fondo degli oggetti; è autore di articoli e saggi e ha curato o collaborato alla cura di numerose mostre sui beni e la storia ebraica in Italia. Tra queste, ricordiamo, “Judaica Pedemontana. Libri e argenti da collezioni piemontesi” (Biblioteca Nazionale di Torino, 2015); “Odissee. Diaspore, invasioni, migrazioni, viaggi e pellegrinaggi” (Torino, Palazzo Madama, 2017); “1915 – 1918. Ebrei per l’Italia” (Archivio di Stato di Torino, 2018). “Tutti i colori dell’Italia ebraica. Tessuti preziosi dal Tempio di Gerusalemme al prêt-à-porter” (Firenze, Gallerie degli Uffizi, 2019). Ha inoltre curato le mostre permanenti allestite lungo la galleria del Tempio Piccolo di Torino e nei locali annessi alla sinagoga di Alessandria. Su incarico della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia ha sviluppato il portale www.visitjewishitaly.it, mappatura informativa su luoghi e monumenti dell’Italia ebraica, che ha recentemente dato origine al libro “Viaggio nell’Italia ebraica. Le meraviglie di una cultura millenaria”, edito dal Touring Club Italiano, e redatto da Baruch Lampronti insieme ad Annie Sacerdoti.