DUE MAKHZORIM DELL’ARCHIVIO TERRACINI DI TORINO
Per un progetto di ricerca digitale in Germania
di Alessandro Grazi
Per il mio progetto di ricerca, intitolato “Minhag Italia: variazioni di identità ebraica attraverso il prisma del formulario di preghiera nell’Italia dell’Ottocento. Un’analisi digitale” utilizzerò, tra gli altri, anche due makhzorim a stampa conservati nell’Archivio Terracini di Torino. Come spesso capita, questi due makhzorim sono in realtà suddivisi in diversi volumi. Si tratta di due formulari di preghiere per il Giorno dell’Espiazione ad “uso degli Israeliti spagnuoli”, come recita il frontespizio scritto in italiano di uno dei due, ossia per le comunità sefardite della Penisola e oltre. Entrambi furono stampati per i tipi di Salomone Belforte di Livorno, una delle stamperie di libri ebraici più attive a prestigiose dell’Ottocento, tutt’ora in funzione. In ordine cronologico, si tratta del makhzor per il Giorno dell’Espiazione stampato nel 1859 in ebraico con testo a fronte in italiano e dello stesso volume, però in una ristampa del 1872 con testo esclusivamente in ebraico.
Lo scopo del mio progetto è di attuare un’analisi digitale e concettuale di formulari di preghiera ebraici (siddurim e makhzorim), stampati per le comunità della penisola italiana nel lungo Ottocento, allo scopo di utilizzarli come fonti storiche e non meramente liturgiche. Per chiarire ulteriormente la definizione del corpus in esame, esso non si limita ai formulari stampati per gli ebrei di rito italiano, detti anche “Bnei Roma”, ma si estende anche ai gruppi sefarditi ed ashkenaziti presenti nella penisola italiana.
Gli strumenti che sto utilizzando per questo progetto sono i seguenti: inventario, digitalizzazione e trascrizione dei formulari con software HTR (Handwritten Text Recognition), per poter effettuare un’analisi digitale dei testi. In questo caso utilizzo la piattaforma E-Scriptorium.
I tre elementi principali di innovazione del progetto sono i seguenti: 1) il fatto che l’oggetto di indagine siano libri a stampa anziché manoscritti medievali. In effetti, fino ad ora la maggior parte della ricerca sulla storia del libro ebraico si è concentrata sui manoscritti medievali; 2) l’uso dei formulari di preghiera come fonti storiche e non semplicemente per una ricostruzione della liturgia; 3) la metodologia digitale.
Essendo usati quotidianamente (siddurim) o comunque molto spesso (makhzorim), i formulari di preghiera vengono ristampati con alta frequenza in nuove edizioni, persino più frequentemente che la Bibbia Ebraica. Pur essendo libri sostanzialmente canonici, ogni nuova edizione contiene non solo cambiamenti nell’apparato paratestuale (introduzioni, istruzioni, ecc.) ma anche piccole o a volte grandi modifiche nel testo stesso di alcune preghiere. Il punto di partenza del progetto di ricerca è che anche piccoli cambiamenti del testo riflettono in realtà cambiamenti anche sostanziali nella percezione, sia interna che esterna, di una determinata comunità ebraica. Il progetto prende in esame esattamente questi piccoli cambiamenti testuali, allo scopo di mettere in discussione alcuni concetti chiave dell’ebraismo moderno, come ad esempio il rapporto tra Ortodossia e Riforma, oppure tra i sopracitati gruppi presenti nella Penisola italiana (italiani, sefarditi, ashkenaziti).
Considerando la vasta dimensione del corpus esplorato (parliamo di oltre 100 edizioni diverse, tra makhzor e siddur, per il lungo Ottocento), occorre utilizzare un metodo digitale per questa analisi.
I due makhzorim dell’Archivio Terracini saranno fondamentali nell’aspetto comparativo, insieme ad altri makhzorim di controllo. Essendo stati stampati rispettivamente nel 1859 e nel 1872, serviranno all’analisi di eventuali modifiche in due periodi chiave della storia degli ebrei d’Italia in quel secolo: a cavallo dell’unificazione e dell’estensione della parità giuridica a tutti gli ebrei della Penisola e a cavallo dell’annessione di Roma.
Alessandro Grazi -Istituto Leibniz di Storia Europea – Magonza