Guido Lopez fra le righe

di Fabio Lopez

Perché mettersi in mano a Guido Lopez è un’esperienza utile – e anche divertente? Così scrive Alberto Cavaglion: “Affidarsi a lui conviene innanzitutto per conoscere Milano. Milano in mano è il titolo della più fortunata delle sue opere, ma non basta a esaurire l’esperienza di altri viaggi che possiamo fare grazie a lui.

Viaggi veri e viaggi immaginari tra i libri e le idee del XX secolo. Si riscopre viaggiando sotto la sua guida l’armonia e la saggezza dell’età liberale, per riflesso della memoria del padre, Sabatino Lopez, commediografo coetaneo e, per certi versi, antagonista di Luigi Pirandello.

Rivivono i tempi gloriosi di Arnoldo Mondadori; la narrativa italiana del secondo dopoguerra (da Buzzati a Calvino, passando per Sciascia); gli esordi difficili di Primo Levi e la difficoltà di essere ebrei anche nel mondo liberato dal nazifascismo; gli albori luccicanti della pubblicità e il mestiere del copywriter; il legame stretto con il sionismo socialista coniugato insieme agli ideali dell’Università Popolare.

Il poliedro di una vita che ha saputo coniugare e integrare l’essere ebreo e l’essere italiano, protagonista discreto di un mondo che l’universo contemporaneo dell’immediato, dell’effimero, del socialmente inutile rischia di travolgere e seppellire.

Affidiamoci ad una sua breve autobiografia. “Mi hanno chiesto e mi sono chiesto se io sono milanese o no. Sono venuto al mondo il 2 gennaio del 1924 alla clinica Regina Elena di Milano. Ho avuto grandi soddisfazioni nella città del Manzoni, ma anche ambasce per le vicende politiche fra il 1938 e il 1945, che mi hanno costretto a una drammatica fuga. A Milano ho composto i primi saggi di quella che sarebbe stata la mia passione e direi vizio di scrivere, appreso e assorbito da mio padre, Sabatino Lopez, toscanissimo, commediografo molto noto [nella prima metà del ‘900] per la sua cinquantina di commedie pubblicate e rappresentate nei maggiori teatri di Milano e di Italia. A vedere le cose con l’occhio di uno storico l’ho imparato da mio fratello maggiore Roberto, medievista di fama internazionale. Agli inizi della mia carriera di scrittore ebbi la buona sorte di incontrare il grande e carismatico Arnoldo Mondadori e di lavorare per la sua casa editrice dal 1945 per oltre un decennio, incontrando diversi, fondamentali scrittori italiani e internazionali. Sono di quel periodo il mio primo libro, Il campo, 1948, laureato al Bagutta, e nel 1952 La prova del nove.

Con gli anni Sessanta il legame con Milano si è fatto primario, quando mi fu richiesto di scrivere aspetti e vicende della mia città: con un lavoro che mi ha sempre più coinvolto, è nato il volume Milano in mano, una guida che rappresenta e racconta la città da capo a piedi, dalle cose agli uomini, macinando i secoli, attraverso quindici edizioni, via via rivedute e aggiornate. Una splendida recensione di Dino Buzzati sul “Corriere della Sera” ha aperto la strada del successo di questo volume e da qui ha consolidato il mio appassionato coinvolgimento, in particolare per il periodo sforzesco e per i rapporti col genio di Leonardo da Vinci: ne sono nati importanti studi, pubblicazioni, saggi, libri. Tutto questo mi ha portato a ricevere l’Ambrogino d’Oro dell’Assessorato alla Cultura del Comune.

Tra le mie molte occupazioni, un impegno importante è stato, per tre decenni, quello di presidente dell’Università Popolare. Per venti anni ho lavorato nel mondo della pubblicità, prima con i panettoni della Motta e poi nei ranghi della J. Walter Thompson Italia. Con la JWT ho istituito l’Ufficio Relazioni Pubbliche, avviando in Italia le sponsorizzazioni culturali e le campagne di utilità pubblica. Ho creato un evento che, per la prima volta, coinvolgeva la popolazione di un intero quartiere in una festa per la presentazione di un prodotto di largo consumo: lo accompagnavano la musica di un complessino beat e il canto della milanesissima Milly. Era il 1967: la trasmissione della ripresa televisiva era pronta, ma all’ultimo momento fu proibita! Chi nasce scrittore e ama la storia di questa città difficilmente perde il vizio: gli ultimi miei libri sono I Signori di Milano, del 2003, e Storia e storie di Milano, del 2005.”

Intellettuale ebreo milanese, quest’anno si è celebrato il centenario della nascita con una mostra al Memoriale della Shoah di Milano e ora si trova presso il Museo biblioteca dell’Attore di Genova fino a settembre 2024. E per l’occasione abbiamo trovato e pubblicato con Ugo Mursia Editore un breve racconto inedito, “Fàlfal” in parte dattiloscritto e in parte a penna: ironico e grottesco, scritto fra gli anni ’60 e gli anni ’70, ma drammaticamente attuale, non solo per il popolo ebraico, in genere per tutti gli alloctoni, o meglio i presunti tali, solo perché hanno usi, costumi e modi di essere diversi dalla conformità, dal conformismo.

Abbiamo collegato assieme un viaggio fra i testi sulla Shoah e nella Shoah, scritti da Guido, contrappunto reale alla finzione inedita, in una parabola che scava nel profondo di ciò che è stato. Si apre con la recensione del testo più noto nel mondo, il Diario di Anna Frank, che lui scrisse circa la prima edizione italiana, nel maggio 1954, per una rivista destinata agli insegnanti delle scuole ebraiche italiane, “L’Eco dell’educazione ebraica”. Guido intuisce la grandezza e la potenza del lascito, prima che divenisse universale. La terza parte è dedicata al carteggio con Primo Levi, il passaggio da un rapporto formale ad una amicizia profonda e simbiotica, il passaggio da un Lei a un Tu dietro il quale si legge in filigrana la crescita di sintonia di pensiero e di espressione dell’umano turbamento judaico. La quarta parte è dedicata alle lettere che Guido scrisse all’amica Edith Bruck nel corso degli anni, soprattutto quando, dopo la scomparsa di Levi, i suoi libri divennero nuove pietre miliari nel martirio interiore di ogni reduce dall’inferno concentrazionario.

Si chiude proprio con un biglietto che Primo scrisse a Guido il 10 dicembre 1983, proponendogli uno slogan “essere ebrei è difficile, pericoloso, ma stimolante”. A oltre quarant’anni, quanto mai vero.

 

La foto di Hemingway con Alberto Mondadori, Guido Lopez e Mimma Mondadori è di Federico Patellani, conservata nell’archivio di persona di Guido Lopez, 1948.

 


Guido Lopez (Milano, 1924-2010) fu un intellettuale che interpretò il dualismo ebreo/italiano, nella sua matrice laica ed integrata nel tessuto culturale del Novecento, grazie ad una poliedrica attività di scrittore, giornalista, pubblicista. Il suo campo d’azione spaziava dalla letteratura contemporanea alla storia e alle storie della sua città, Milano, dal mondo del teatro, imprinting paterno, a quello della cultura ebraica e del sionismo socialista, dall’editoria con Mondadori al frizzante mondo dell’universo nascente della pubblicità e delle Pubbliche Relazioni. Fu collaboratore di Sorgente di vita per la letteratura e anche di Ha Keillah ai tempi di Guido Fubini, in ottima consonanza d’ideali. Fu nel Consiglio della Comunità di Milano con presidente Marcello Cantoni, per trenta anni presidente dell’Università Popolare di Milano.