Intervista a Dario Disegni

a cura della redazione

NOTIZIE DAL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ

Ha Keillah, nel marzo del 2016, aveva intervistato Dario Disegni, quando per la prima volta era diventato Presidente della Comunità Ebraica di Torino: in quella occasione avevamo avuto modo di conoscere molti aspetti della sua vita professionale. Dopo di allora ci sono state due nuove elezioni, nuovamente è stato confermato Presidente e i suoi impegni non sembrano essersi ridotti, a partire dalla presidenza del MEIS di Ferrara.

Recentemente il suo impegno è stato riconosciuto ad altissimo livello: il Presidente della Repubblica lo ha insignito della onorificenza di Commendatore. Poiché si è trattato di una decisione “motu proprio” della più alta carica dello Stato il Protocollo non prevede che vengano espresse le motivazioni.

Essendo ormai passati otto anni dalla nostra conversazione e tanti eventi locali, nazionali e internazionali, Ha Keillah ha deciso di riprendere il discorso allora lasciato in sospeso. 

HK: Sicuramente in una vita caratterizzata da tanti impegni di grande responsabilità c’è qualcosa che ti ha gratificato in modo particolare. Puoi dirci cosa e quali sono gli elementi che determinano la tua soddisfazione?

La mia vita professionale e quella, non meno densa di importanti impegni, dopo il collocamento in quiescenza sono state effettivamente caratterizzate da grandi soddisfazioni conseguite nei diversi incarichi che nel corso degli anni mi sono stati affidati, dalla direzione dell’Area Arte e Cultura della Compagnia di San Paolo, alla Presidenza dell’Associazione Europea delle Fondazioni, ai ruoli di Consigliere in prestigiosi Musei, quali l’Egizio e del Risorgimento, per giungere poi alla Presidenza della Comunità di Torino, a quella della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia e a quella del MEIS, solo per citare i ruoli principali svolti.

In tutte queste funzioni ho cercato di apportare un forte impegno, fondato sulle competenze, le esperienze e le reti di relazioni costruite in decenni di lavoro, svolto sempre con grande passione ed entusiasmo.

Le soddisfazioni sono derivate dai significativi risultati conseguiti in ognuno degli incarichi sopra citati, grazie soprattutto al forte lavoro di squadra che ho sempre cercato di creare, con un certo successo, fondato sulla condivisione degli obiettivi da raggiungere e sulla loro rilevanza.

HK: Per tre volte sei stato nominato Presidente della Comunità di Torino e la tua scelta è sempre stata quella di candidarti al di fuori delle liste per poter amministrare in modo indipendente: in genere la tua decisione è stata molto apprezzata perché era chiara la volontà di ricreare un’armonia che si era spezzata negli anni precedenti. Questa esigenza era condivisa dai membri dei tre consigli eletti nelle tre tornate elettorali? Sei riuscito a mantenere i tuoi propositi?

Per tre volte ho effettuato la scelta, premiata dall’elettorato con il maggior numero di voti che mi sono stati attribuiti, di candidarmi al di fuori dei diversi schieramenti, con l’obiettivo di ricucire divisioni, anche dolorose, a mio parere ormai retaggio del passato, per lavorare insieme per la realizzazione dei variegati e delicati compiti che spettano a una Comunità Ebraica, che negli ultimi tempi sono peraltro diventati sempre più complessi e faticosi da gestire.

Questo naturalmente senza mai voler porre un argine a una sana dialettica interna, ma cercando sempre di arrivare a sintesi con un consenso generalizzato.

Sostanzialmente posso dire che questo risultato sia stato conseguito in ciascuno dei tre mandati, in cui si sono avvicendati diversi Consiglieri, tutti però dediti a lavorare in comunione di intenti.

Hk: Rispetto al tempo della precedente intervista il clima generale nel mondo ebraico è profondamente cambiato e si sono create nuove lacerazioni: molti sono totalmente solidali con le scelte del governo israeliano dopo i terribili fatti del 7 ottobre, altri ebrei non nascondono inquietudine, disagio e empatia non solo per gli ostaggi e i loro familiari, per i giovani soldati che perdono la vita, per gli sfollati dalle zone bersaglio dei missili in Israele ma anche nei confronti della popolazione civile di Gaza. Un parere abbastanza diffuso è che la distruzione di Hamas sia un obiettivo irraggiungibile e che questa guerra porterà solo altro odio e potenziali terroristi. Di fronte alle immagini che si vedono, purtroppo anche alcune scattate dallo stesso esercito di occupazione, ci sono reazioni differenti: chi le considera alla stregua di propaganda come se fossero fake e chi invece soffre profondamente perché si sente tradito nei suoi ideali e nella sua visione di sionismo. 

Durante il tuo attuale mandato abbiamo assistito all’atroce attacco del 7 ottobre in Israele e alla deflagrazione di una guerra con conseguenze devastanti nella regione mediorientale ma anche nel resto del mondo. Anche se apparentemente la reazione delle Comunità ebraiche, molto spaventate da rigurgiti antisemiti, sembra compatta, sappiamo che non è così al loro interno: c’è anche sconcerto, amarezza e dolore per tutte le vittime, sia israeliane che palestinesi.

Come Presidente super partes pensi che si possa dare una rappresentazione più fedele delle varie opinioni presenti all’interno della Comunità?

Il trauma che l’orrendo pogrom del 7 ottobre ha creato in Israele e in tutte le Comunità ebraiche del mondo ha portato a una solidarietà fortissima con i nostri fratelli di Erez Israel, al lancio di campagne di sostegno e all’assunzione di forme concrete di aiuto materiale e morale, al contrasto delle manifestazioni di antisionismo, di boicottaggi e di vero e proprio antisemitismo che si sono sviluppate con una intensità quale mai si era verificata dal dopoguerra a oggi, all’organizzazione di momenti di riflessione e di formazione sulla storia e l’attualità del conflitto israelo-palestinese, spesso presentato in maniera acritica e gravemente scorretta.

Certamente all’interno delle Comunità, non meno che nell’opinione pubblica israeliana, esistono poi opinioni molto diverse le une dalle altre circa il giudizio sulla linea politica dell’attuale Governo israeliano, che trovano libera espressione nei dibattiti e sui giornali.

 

HK: Spesso ci lamentiamo della confusione che c’è nella opinione pubblica tra ebrei e israeliani e si tende ad accusare di antisemitismo chi critica le politiche del governo israeliano.
Alcune interviste e interventi pubblici del Rabbino capo di Torino, di aperto sostegno a ogni decisione del governo israeliano, rendono questa identificazione quasi ovvia. Nei rapporti con la cittadinanza e con le Autorità non è sempre chiaro come si attribuiscano i compiti di rappresentanza della Comunità tra il Presidente e il Rabbino. Puoi chiarire meglio quali sono le rispettive competenze?

Le competenze rispettive sono chiarissime: il Rabbino Capo è il Maestro e la guida spirituale della Comunità; il Presidente, che è stato eletto dagli iscritti e nominato dal Consiglio, cui fa sempre riferimento, è il rappresentante istituzionale della Comunità, cui sono demandati tutti i rapporti con le Autorità cittadine e regionali.

HK: Le relazioni con chiese e istituzioni locali hanno risentito delle tensioni seguite ai fatti del 7 ottobre e della guerra a Gaza?

Le relazioni con le diverse confessioni religiose appartenenti al Comitato Interfedi presieduto da Valentino Castellani ed al Coordinamento Interconfessionale guidato da Giampiero Leo si sono mantenute buone e non hanno risentito più di tanto degli effetti della guerra nel Medio Oriente.
Le iniziali incomprensioni con la Chiesa Cattolica all’indomani del 7 ottobre si sono poi ricomposte e nel mese di aprile è stato possibile riprogrammare l’annuale Giornata per la conoscenza dell’Ebraismo (che solitamente si svolge il 17 gennaio), con l’intervento dell’Arcivescovo di Torino Mons. Repole, che ha voluto far precedere gli interventi del Rabbino Capo e suo sul passo di Ezechiele, scelto per l’appuntamento del 2024, da un’analisi della situazione dell’antisemitismo in Italia affidata al Direttore del CDEC Gadi Luzzatto Voghera.
Con le Istituzioni locali (Comune e Regione) l’interlocuzione è stata costante e i rapporti sono stati costruttivi. Ricordo la partecipazione di tre Assessori comunali e dell’intera Commissione consiliare per il contrasto ai fenomeni di intolleranza e razzismo il 26 febbraio alla serata di presentazione in Comunità del 600° anniversario della presenza ebraica in Piemonte e dell’850° della fondazione del Movimento Valdese. Nella stessa serata la Mole Antonelliana è stata illuminata con una scritta che ha ricordato questa lunga storia torinese.

HK: Ci puoi anticipare qualcosa sulla prossima Giornata della cultura ebraica?

 In occasione del 600° anniversario sopra ricordato (che darà vita a un grande Convegno il 24 novembre, preceduto da un prestigioso evento la sera precedente a Palazzo Carignano) la Comunità di Torino ha avuto il privilegio di essere nominata dall’UCEI come capofila nazionale della Giornata Europea della Cultura Ebraica, che si svolgerà domenica 15 settembre sul tema: “La famiglia, tra tradizione ed evoluzione verso il futuro”.
La giornata sarà caratterizzata da un intenso programma, che comprenderà panel, spettacoli teatrali, reading, concerti, oltre alle tradizionali attività di visite alle Sinagoghe torinesi e delle Sezioni, di degustazione di prodotti tipici della cucina ebraica e di presentazione dei programmi di attività delle diverse Associazioni ed Enti che operano nell’ambito della Comunità.
Sarà, come e più degli altri anni, un modo estremamente efficace per far conoscere la ricchezza della cultura e della storia degli Ebrei, fondamentale antidoto al pregiudizio che, mai come in questo difficile momento, si rivela assolutamente indispensabile.

Torino, 20 giugno 2024