Israel e noi

di Anna Segre

Vogliamo qui ricordare la lunghissima e costante collaborazione di Israel De Benedetti con Ha Keillah. Per decenni ci ha inviato regolarmente articoli, quasi sempre senza attendere le nostre precipitose e spesso tardive richieste (che comunque soddisfaceva con una puntualità miracolosa). Richieste anche un po’ bislacche, come quella di scriverci un ricordo di Sharon – personaggio politico con idee opposte alle sue – in quanto suo vicino di casa (poiché aveva una tenuta a pochi chilometri dal kibbutz Ruhama). Allora Israel ci aveva sorpresi descrivendo davvero rapporti di buon vicinato al punto che I suoi due figli hanno studiato nelle nostre scuole e a volte sono saliti in un autobus dove c’erano ragazzini che tornavano da una dimostrazione con cartelli “Sharon assassino”: un aneddoto che ci dice molto anche su Israele o, temo, sull’Israele di un tempo.

Elezioni imminenti, risultati elettorali, formazione e caduta dei governi, leggi proposte o approvate, pregi e difetti dei singoli personaggi politici, anche non di primo piano: ogni aspetto della realtà israeliana era analizzato e discusso da Israel nel suo stile conciso, sferzante, con frequenti punte di sarcasmo e battute conclusive che si ricordano a vent’anni di distanza (siamo sopravvissuti al faraone… supereremo anche questa batosta! scriveva nel gennaio 2003).

Indubbiamente, come è logico aspettarsi da un laico di sinistra, era pessimista sul futuro di Israele, di un pessimismo non lamentoso ma energico, combattivo, mai rassegnato, al punto da permettersi momenti di ottimismo che oggi ci appaiono quasi ingenui (come quando nel luglio del 2011 titolava, pur con il punto interrogativo “Stato palestinese a settembre?” o nel giugno 2014 firmava un articolo dal titolo “La pace è l’arma dei forti”). Lo stato di Israele di oggi è certo molto diverso da quello da lui sognato e per il quale aveva lasciato la natia Ferrara, e anche il kibbutz aveva cessato di essere il microcosmo perfettamente egualitario delle origini (“Abbiamo sbagliato tutto?” si chiedeva nell’ottobre 2020). Eppure, nonostante fosse ben consapevole del fatto che i sogni non passano in eredità, ha continuato ad essere attivo e combattivo. L’ultimo articolo che ci ha inviato, pubblicato sul numero scorso, risale al 10 luglio, quando eravamo quasi sul punto di andare in stampa; il 15 luglio annunciava l’intenzione di scrivere sul numero successivo (questo) e chiedeva di essere informato per tempo sulla data di chiusura. Ancora una volta non voleva rinunciare all’opportunità di far sentire la sua voce prima delle elezioni.

Vorremmo avere ereditato se non i suoi sogni almeno la sua caparbietà e la sua capacità di non arrendersi. Non so se ci siamo riusciti ma ci proviamo.

 

Nasce a Ferrara nel 1927 con il nome di Corrado, da famiglia borghese e padre di origini piemontesi. Attivo simpatizzante socialista già in gioventù, nel 1943 viene arrestato sedicenne dai fascisti ma sopravvive rocambolescamente fino alla liberazione. Subito dopo la guerra si avvicina al movimento sionista Hechalutz e nel 1947 lascia Ferrara per fondare una fattoria socialista vicino a Pisa, l’Aksharà di Cevoli, ritrovo di giovani che spinti da forti ideali si preparavano alla vita di pionieri in terra d’Israele. Con il gruppo di amici fraterni che si forma nell’esperienza dell’Aksharà, 1949 compie l’alià, stabilendosi nell’allora nascente kibbutz Ruchama nel nord del deserto del Neghev. Qui trascorre gran parte della propria vita, prendendo il nuovo nome di Israel e diventando una figura di rilievo nella gestione del kibbutz e nella politica progressista israeliana. È stato membro della direzione del partito Meretz, dove confluì dopo lunga militanza nel partito laburista Mapam. È comunque sempre rimasto legato alle origini, trascorrendo periodi in Italia, ad esempio, come rappresentante dell’Organizzazione Sionistica Mondiale. Scrive in italiano libri autobiografici come Anni di rabbia e di speranze, 1938-1949 (Giuntina, 2003), Racconti di Israele (Le Château Edizioni, 2011) e Un amore impossibile nella bufera (Claudiana, 2013). Nel saggio I sogni non passano in eredità (Giuntina, 2001) discute con finezza e passione i processi storici che portano al mutamento in ideologie apparentemente granitiche come il socialismo kibbutzistico. Intellettuale attivo fino all’ultimo, ci ha lasciato all’età di 95 anni, lo scorso 2 Agosto 2022 a Ruchama.

Photo credits. Copyright: ©Marco Caselli Nirmal