di Emanuele Azzità
Le leggi razziali privarono l’Università di Torino di due professori ordinari, i giuristi Cino Vitta e Giuseppe Ottolenghi, e di altri cinque liberi docenti, cacciati dall’insegnamento perché ebrei. Il 14 ottobre 1938, il Consiglio della Facoltà di Giurisprudenza presieduto dal prof. Emilio Crosa e composto dai professori Arnò, Solari, Ricca Barberis, Pivano, Allara, Greco, Bertola e Grosso ( come segretario), verbalizzò: “Il preside comunica che i Professori di razza ebraica, esclusi dall’insegnamento, nella nostra Facoltà sono i professori Vitta e Ottolenghi; invia loro un saluto, ricordandone la collaborazione alla Facoltà. Comunica inoltre che i liberi docenti di razza ebraica, che decadono dalla libera docenza, sono i proff. Fubini Riccardo, Montel Alberto, Ottolenghi Costantino, Treves Giuseppino, Treves Samuele Renato”. Il senatore Luigi Einaudi (nominato nel 1919 dal re su proposta di Nitti), membro del Consiglio, era assente.
In tutto furono cinquantotto le persone che persero il lavoro in Università per le leggi razziali. I loro nomi sono riportati in una lapide al Rettorato di via Verdi 4:
Enrico Anau, Sergio Bachi, Giulio Bemporad, Roberto Bolaffi, Ugo Castelfranco, Bonaparte Colombo, Guglielmo Colombo, Arturo Debenedetti, Santorre Debenedetti, Giuseppe Davide Diena, Giorgio Falco, Gino Fano, Amos Foa, Marcello Foa, Arrigo Foà, Guido Fubini, Riccardo Fubini, Alberto Gentili, Amedeo Herlitzka, Leonardo Herlitzka, Livio Herlitzka, Alfredo Jachia, Luciano Jona, Raffaele Lattes, Rinaldo Laudi, Emilio Levi, Giuseppe Levi, Guido Levi, Rita Levi, Alfredo Luzzati, Walter Momigliano, Arnaldo Momigliano, Giulio Momigliano Levi, Alberto Montel, Stefano Montuori, Alberto Muggia, Aldo Muggia, Mario Nizza, Gino Olivetti, Renzo Olivetti, Giuseppe Ottolenghi, Costantino Ottolenghi, Renato Ottolenghi, Paolo Ravenna, Anselmo Sacerdote, Giulio Segre, Giulio Vittorio Segre, Mario Segre, Renato Segre, Silvio Segre, Alessandro Terracini, Giuseppino Treves, Samuele Renato Treves, Ezechia Marco Treves, Jona Nino Valobra, Alberto Vita, Arrigo Vita, Cino Vitta.
Nel novembre dell’anno successivo Cino Vitta fu sostituito da Pietro Bodda e Giuseppe Ottolenghi da Alessandro Passarin d’Entrèves. Pare che Einaudi abbia promesso la restituzione della cattedra non appena le cose fossero cambiate. Eravamo nel ’38 e il fascismo era all’apice della sua forza.
Quando fu espulso Cino Vitta aveva 65 anni. Era nato a Firenze da una famiglia di origini piemontesi; ottenuta la libera docenza nel 1907, insegnò poi all’Università di Cagliari dal 1920 e a Modena dal 1927. Nel 1932 ebbe la cattedra di Diritto Amministrativo a Torino. Il torinese Giuseppe Ottolenghi era più giovane di tre anni e aveva acquisito la libera docenza in Diritto Internazionale nel 1904 a Pavia. Era professore ordinario a Torino dal 1932. Finita la guerra Ottolenghi riebbe la sua cattedra fino al pensionamento nel 1951. Vitta nel 1949 ebbe il titolo di professore emerito presso l’Ateneo piemontese.
Per quanto riguarda gli altri cinque liberi docenti, Riccardo Fubini nel dopoguerra esercitò l’avvocatura. Alberto Montel dopo il rifugio in Svizzera dal 1943 per due anni insegnò al Campo universitario di internamento di Huttwill (Berna). Dopo la Liberazione fu reintegrato nell’attività universitaria. L’economista Costantino Ottolenghi poté assistere alla caduta del fascismo, ma morì nel 1947. Giuseppino Treves, rientrato dal Regno Unito dove si era rifugiato, nel 1950 vinse la cattedra di Diritto Amministrativo e dopo esser passato per Trieste e Pavia, nel 1973 divenne titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di Economia e commercio dell’Università di Torino.
Il trentunenne Samuele Renato Treves, dopo aver insegnato in Argentina a Tucuman Sociologia e Filosofia del Diritto, nel dopoguerra riprese l’attività di docenza all’università di Milano.
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, ha scritto Primo Levi.