Matrimoni, nascite e conversioni nei campi di concentramento degli ebrei stranieri in Italia 1941- 42

Nel 2020 si è concluso il lavoro di indicizzazione e scansione lettera per lettera della corrispondenza del COM.AS.EB.IT. (Comitato Assistenza Ebrei in Italia) di Torino, un progetto sostenuto dalla Regione Piemonte e i cui risultati si possono vedere sul sito dell’Archivio Terracini, nella sezione degli Approfondimenti del Patrimonio. Poiché l’Archivio conserva anche il fondo documentale della sezione torinese della DEL.AS.EM. (Delegazione Assistenza Emigranti Ebrei), che dal 1940 sostituì il COM.AS.EB.IT. con compiti analoghi, si è deciso di proseguire con la schedatura della corrispondenza di questo ente, assai più abbondante. I documenti sono in misura maggiore, come naturale, lettere in entrata, ma si conservano anche numerose minute di lettere in uscita, scritte da Giulio Bemporad (1888-1945), responsabile della locale delegazione. Appunto dalla corrispondenza in uscita è iniziato il nuovo lavoro, che finora ha portato all’inserimento in banca dati di oltre mille lettere. Gli argomenti trattati sono di grande interesse storico e culturale e contribuiscono a meglio delineare il periodo turbolento e complesso che precedette la tragedia della Shoah: di seguito una selezione di notizie a cura di Benedetto Terracini, che si sta occupando dell’indicizzazione delle lettere.

Chiara Pilocane

Il 14 agosto 1942 (lettera 1038), Giulio Bemporad chiede alla direzione della DEL.AS.EM. se un ebreo apolide ex tedesco, ora in un campo di concentramento italiano, contraendo “matrimonio” con una ebrea suddita italiana, otterrebbe la liberazione dal campo di concentramento? Perderebbe la sposa inevitabilmente la cittadinanza italiana?”

L’epistolario disponibile non contiene il parere della DEL.AS.EM., ma ho trovato la risposta alla domanda di Bemporad nei ricordi del soggiorno in Bolivia di Giorgina Arian Levi (Avrei voluto capovolgere le montagne, Giunti 1990). Nel 1939, Giorgina e Enzo Arian, ebreo straniero, intendevano sposarsi e andare in Bolivia, paese che avrebbe concesso il visto di ingresso a Arian, ma non a donne “single” di meno di 50 anni. D’altra parte, sposarsi davanti a un ufficiale di stato civile, a Giorgina, avrebbe fatto perdere la cittadinanza italiana. Fortunatamente, il rabbino Pacifici di Genova (poi assassinato ad Auschwitz) si rese disponibile a sposare Giorgina e Arian soltanto religiosamente senza trasmettere gli atti allo stato civile (cosa non consentita dalla legge). Il consolato boliviano non percepì (o non volle percepire) che i due si fossero sposati soltanto religiosamente e rilasciò il visto a Giorgina.

Due anni dopo, in piena guerra (lettera 1064 del 23 agosto 1942), ad una domanda dello stesso tenore da parte di un aspirante marito apolide, Bemporad risponde negli stessi termini. Fa tuttavia presente che gli apolidi potrebbero aspirare ad avere il “passaporto Nansen”, che, nei decenni precedenti, la Società delle Nazioni aveva erogato a circa mezzo milione di profughi. In verità, non ho trovato altra menzione del passaporto Nansen nelle prime 1300 lettere dell’epistolario DEL.AS.EM.

Altre lettere dell’epistolario riguardano il matrimonio di ebrei italiani con apolidi, con alcune situazioni “estreme”. Nella lettera 81 del 30 dicembre 1940, Bemporad racconta di una signora reduce da un campo di concentramento (in Italia, presumibilmente), che chiede aiuto per potere raggiungere un fidanzato di lunga data, tedesco “ariano”, in America.  A Bemporad piace poco l’idea di aiutare “la sistemazione di una famiglia ariana” (anche se in realtà non risulta che la signora in questione abbia fatto alcun atto di abiura).

Le conversioni degli ebrei nei campi di concentramento sono un tema ricorrente e la posizione di Bemporad è chiara. Si tratta di “un atto di viltà che li esclude da ogni senso di pietà” (lettera 197 del 7 marzo 1941). La DEL.AS.EM. deve smettere di aiutare gli internati che si fanno battezzare (ai quali peraltro rimangono i sussidi governativi di poche lire al giorno). L’epistolario, almeno nel primo migliaio di lettere, non lascia capire quanto questa posizione fosse condivisa dai vertici della DEL.AS.EM.

Un focolaio di conversioni (ma non l’unico) era nel campo di Castellamonte, dove il rappresentante della DEL.AS.EM., convertito e alloggiato presso le monache aveva rimesso il suo ufficio ad altra persona.  Un internato di fiducia (trattandosi di “un vecchio haluz palestinese”), fa presente la necessità che “prima dell’arrivo del rabbi di Torino, avvisato per il 7 giugno si dovrebbe chiarire questa questione se non vogliamo che risulta una situazione affannosa, Perciò vi prego di informarmi …. se il Rabbi viene a visitare tutto il gruppo o soltanto la gente di confessione israelitica” (lettera 1156 del 27 maggio 1942).

Ma, almeno ancora nel 1941, ci sono delle note di serenità, come la nascita del/della bambino/a Schroeter. Anche questa storia, nell’epistolario, è raccontata dalle sole copie carbone delle lettere in partenza. Il 19 gennaio (lettera 238), Bemporad risponde ad una richiesta della madre – internata a Potenza – impegnandosi a fare le mosse necessarie affinché il bambino possa essere un ebreo… Effettivamente, chiede all’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane che, nel caso sia maschio, un circoncisore si rechi a Potenza, oppure che l’UCII chieda alle autorità superiori l’autorizzazione per trasferire la signora a Roma per il parto (lettera 296 del 25 gennaio). Successivamente, rassicura la signora che l’UCII “farà tutto il possibile” (lettera 154 del 24 febbraio). L’epistolario non documenta come siano andate le cose (risulta comunque che papà Schroeter, internato a Campagna, è stato autorizzato a trasferirsi per due mesi presso la moglie). Tuttavia, il 6 aprile Bemporad risponde a una lettera della madre del 29 marzo, congratulandosi per “la nascita del primogenito”, sperando che “tutto sia stato fatto”, senza ulteriori dettagli (lettera 498).

Benedetto Terracini