ONLINE THESAURUS OF ITALIAN JEWISH MUSIC Intervista a Tamar Levi

a cura di Alberto Sadun

Tamar Levi è Junior Research Fellow dell’Online Thesaurus of Italian Jewish Music, principale progetto di ricerca internazionale intorno ai repertori tradizionali del mondo ebraico italiano. Laureata in Filosofia presso l’Università di Bologna, attualmente sta completando la laurea magistrale in Filosofia all’Università di Torino, specializzandosi in estetica, antropologia della musica e filosofia della musica. Collabora con diverse realtà legate al mondo ebraico sul territorio italiano, tra cui Shemah – Scuola di Cultura e Studi Ebraici, e la Fondazione Villa Emma a Nonantola. In passato ha studiato presso il Natur Jewish Studies Institute for Jewish Renewal, un programma annuale di studi ebraici, e ha fatto parte di diversi ensemble di musica klezmer e di musica mediorientale.

Come è nata l’idea di mettere su una collezione di musica e liriche religiose che appartengono alle varie sinagoghe e comunità italiane?

L’Online Thesaurus of Italian Jewish Music è stato ideato nel 2020 da Enrico Fink e Piergabriele Mancuso ed è stato lanciato ufficialmente nel 2021 dal Centro Leo Levi per il patrimonio liturgico ebraico. Il progetto inizialmente si proponeva di realizzare una collana di studi sulle specifiche tradizioni musicali ebraiche italiane, basandosi sulle celebri registrazioni liturgiche effettuate negli anni ’50 e ’60 da Leo Levi, figura pionieristica dell’etnomusicologia ebraica in Italia. Tuttavia, la straordinaria diversità di queste tradizioni, che variano significativamente anche tra comunità geograficamente molto vicine, rendeva impraticabile un approccio fondato su singoli volumi corredati da cd. Con il supporto di Edwin Seroussi, direttore del Centro di Ricerca sulla Musica Ebraica dell’Università Ebraica di Gerusalemme, si è perciò optato per la creazione di un database concepito per connettere materiali provenienti da luoghi e periodi diversi, superando i limiti del formato tradizionale e ponendo le basi non solo per futuri studi comparativi, ma anche per una maggiore accessibilità del patrimonio musicale ebraico italiano. Progettata per soddisfare le esigenze sia del visitatore casuale che di studiosi, chazanim (cantori) e musicisti interessati alla musica sinagogale, la piattaforma mette in relazione elementi di contesti differenti, valorizzando la ricchezza e la complessità di questo patrimonio culturale.

Era stato fatto un lavoro analogo in Italia?

In passato sono stati compiuti diversi tentativi di creare glossari relativi a comunità specifiche, come la sezione “Tefillot” del sito www.torah.it o la piattaforma digitale fiorentina www.minhagfirenze.it. Obiettivo del Thesaurus, tuttavia, non è quello di sostituire questi spazi digitali locali, ma di integrarli in un panorama ebraico-italiano più ampio, costituendo un access point centralizzato che permetta di collegare informazioni e risorse in modo sistematico e di ricostruire un’unità archivistica. Ogni scheda del database fornisce dettagli approfonditi su ciascun canto sinagogale, includendo registrazioni e/o partiture musicali (originali o trascritte appositamente) e dati relativi al contesto liturgico, con link ai cataloghi di biblioteche e archivi. Inoltre, tali schede sono interconnesse tramite hyperlink e parole chiave, facilitando l’esplorazione tematica.

La prima analisi strutturata del repertorio musicale ebraico italiano è stata realizzata da Leo Levi (Casale Monferrato 1912 – Gerusalemme 1982), musicologo e ricercatore italo-israeliano. Levi si era proposto di completare le ricerche di Avraham Zvi Idelsohn contenute nel Thesaurus of Oriental Hebrew Melodies (1914), gettando nuova luce sulle tradizioni musicali ebraiche italiane, fino a quel momento trascurate. Negli anni Cinquanta e Sessanta, Leo Levi si occupò di documentare l’ebraismo italiano nel periodo post-Shoah, in un momento di grandi cambiamenti che aveva portato alla scomparsa di molte comunità storiche: realtà come Gorizia o Pitigliano, registrate da Levi grazie alle testimonianze di pochi sopravvissuti, oggi non esistono più come comunità ebraiche attive, rendendo il suo lavoro un documento unico e prezioso.

Il lavoro di Leo Levi ha costituito uno dei riferimenti teorici e documentari fondamentali per la creazione dell’Online Thesaurus of Italian Jewish Music: la piattaforma è stata infatti progettata per navigare nella complessa rete di relazioni che caratterizza i repertori ebraico-italiani attraverso fonti scritte, manoscritte e registrazioni sonore.

Ci sono collezioni simili all’estero?

Ci sono diverse iniziative simili – per citarne alcune, il Lowell Milken Center for Music of American Jewish Experience, il European Centre for Jewish Music (EZJM) di Hannover, l’Institut Européen des Musiques Juives (IEMJ) di Parigi. La differenza con il Thesaurus sta proprio nel riferimento geografico: occupandosi di territori molto ampi, il focus di queste realtà non è tanto relativo a comunità nazionali. Questo è dovuto proprio alla particolare varietà dei minhagim italiani (riti liturgici): non avrebbe senso creare un Thesaurus of German Jewish Music, essendo il minhag ashkenazita molto più omogeneo in territori molto più vasti di quello della penisola, su cui invece è incentrato il Thesaurus.

In che cosa si caratterizza la geografia dei minhagim presenti in Italia, è un panorama omogeneo o molto frastagliato?

Ricollegandoci a quanto già detto, la realtà italiana costituisce un caso unico nel panorama musicale ebraico, essendo estremamente diversificata al suo interno. Leo Levi aveva infatti individuato ben 27 tradizioni locali distinte nella sola penisola italiana, un dato che evidenzia la complessità di un panorama che Edwin Seroussi ha definito come una “memoria frammentata”. Accedendo al Thesaurus, incontriamo immediatamente una mappa introduttiva che definisce visivamente tale frammentazione: notiamo infatti come il repertorio qui presente sia diffuso in diverse comunità sparse per il territorio italiano e siamo subito informati di quanti siano gli items nel sito associati a tali comunità. Possiamo, cioè, considerare le tradizioni musicali ebraiche d’Italia come una realtà omogenea, legata a un unico territorio, ma al tempo stesso immaginare questo territorio come un mosaico di minhagim locali. Ciascuno di essi è associato a una località specifica della geografia ebraica italiana, a una determinata sinagoga (ad esempio, alla Scuola Italiana, Spagnola o Tedesca presenti nella stessa città di Ferrara) e, di conseguenza, a un contesto culturale e sociale unico.

Per celebrare i tre anni del Thesaurus, lo scorso febbraio abbiamo organizzato – in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e con la Fondazione Ugo e Olga Levi – un convegno internazionale dedicato proprio a questa frammentarietà, intitolato appunto “Sounds of a Fragmented Memory – Jewish Musical Repertoires in Italy”. L’evento, che ha visto la partecipazione di studiosi da diverse parti del mondo, ha consentito di approfondire la realtà virtuale del Thesaurus ma, ancor di più, il concetto di frammentarietà che ne costituisce la colonna portante. Attualmente stiamo lavorando agli atti del convegno, che saranno pubblicati nei prossimi mesi.

Come sei venuta in contatto con la realtà del Thesaurus? Ci sono motivazioni familiari?

La musica sinagogale mi ha accompagnata fin da bambina, quando mio padre era rabbino capo della comunità di Firenze. Durante i mo’adim (feste solenni), in particolare di Simchat Torà, ripassavamo insieme tutte le melodie liturgiche specifiche fiorentine, leggendo dagli spartiti e ascoltando le registrazioni di Rav Belgrado realizzate da mio nonno Leo Levi, che purtroppo non ho mai conosciuto. Negli anni ho avuto modo di approfondire queste tematiche, anche attraverso diverse esperienze musicali e di studio con Enrico Fink. Attualmente sto completando la laurea magistrale in Filosofia all’Università di Torino, ma l’indecisione tra le facoltà di filosofia e musicologia mi ha sempre condizionato – non a caso mi occupo di filosofia della musica. Quando nell’estate del 2021 ho saputo del progetto del Thesaurus, e che stavano cercando qualcuno che si occupasse nello specifico delle registrazioni di Leo Levi, mi sono subito entusiasmata. Questi anni di collaborazione con il Thesaurus hanno costituito per me un’opportunità preziosa, non solo per dare spazio a interessi che avevo sempre voluto approfondire a livello accademico e lavorativo, ma anche per la possibilità di toccare con mano la ricchezza e vastità incredibile del materiale musicale che, per l’ebraismo italiano in particolare, ha uno spessore identitario non indifferente.

Di cosa ti occupi nel gruppo di lavoro e supporto del sito?

Il mio ruolo di Junior Research Fellow comprende diversi aspetti. Insieme a Enrico Fink e Piergabriele Mancuso, i pilastri del progetto che con immensa dedizione ne garantiscono il progresso, faccio parte del gruppo di coordinamento generale del Thesaurus. Nello specifico, in questi anni mi sono occupata della raccolta 52 di Leo Levi, che conta quasi mille registrazioni sonore e che rappresenta oggi solo una parte dell’ampio patrimonio musicale e documentario che si può trovare nel Thesaurus. Mi sono dedicata alla ricerca e alla raccolta dei metadati relativi a questi materiali, come la comunità di origine, gli informanti, l’anno della registrazione, la variante rituale, la posizione del brano nella liturgia e così via. In ciascuna scheda del Thesaurus cerchiamo di fornire un quadro che sia il più completo possibile, includendo informazioni che da un lato aiutano a collegare gli items tra di loro, dall’altro consentono di definire la stessa rappresentatività dei repertori registrati. Al momento sto completando il “check finale” di questa enorme raccolta, conducendo una prima indagine sui rapporti di interazione e contaminazione tra diversi documenti musicali scritti e sonori presenti nella piattaforma.

Avete successo? Ci sono molti click?

Sì, possiamo dire di avere successo, non solo in termini di accessi ma per il valore scientifico e culturale che il progetto sta costruendo. L’obiettivo iniziale era quello di fornire uno strumento pratico per studiosi e cantori, oltre a creare uno spazio per condividere e preservare memorie musicali personali e collettive. Oggi il progetto è cresciuto ben oltre queste aspettative anche grazie a collaborazioni con istituzioni prestigiose in Europa, in Israele e negli Stati Uniti. Questo ci ha permesso di costruire un patrimonio digitale senza precedenti, ricomponendo tradizioni rituali e repertori archivistici frammentati, attualmente distribuiti tra diverse sedi. Oltre alla collezione Leo Levi, la piattaforma contiene una vasta collezione di materiali sonori e scritti, tra cui partiture manoscritte ottocentesche, molte delle quali sono state ricomposte nella loro forma originale grazie a un attento lavoro di confronto archivistico.

Questi risultati confermano il valore del progetto non solo come archivio virtuale, ma come luogo vivo di ricerca e condivisione che consenta di costruire una memoria culturale e musicale condivisa.

Questa iniziativa la si potrebbe considerare non solo come sistema per preservare memoria e musiche che, se non fissate, rischierebbero di scomparire, ma potrebbe avere un grande funzione formativa per coloro che vogliono imparare: ci sono anche i testi/spartiti su cui seguire musiche e canti?

Assolutamente sì, lo scopo del progetto vuole essere sia di preservare che di trasmettere. Grazie all’agilità offerta dal sito web, il Thesaurus sta già avendo un ruolo nella trasmissione e nello studio sia in ambito accademico che in ambito comunitario e di chazanut. Per supportare ulteriormente questa funzione, è stata recentemente aggiunta una nuova sezione dedicata alle Tefillot (preghiere) complete. Questa sezione include serie complete di registrazioni realizzate da informatori ed esperti, corredate di metadati e riferimenti incrociati, consentendo di ampliare la prospettiva offerta dalle registrazioni singole, come quelle più comuni nella collezione di Leo Levi, per fornire una visione completa del flusso liturgico. Questo materiale sta suscitando un grande interesse ed è già utilizzato da numerosi chazanim.

Vuoi utilizzare la diffusione di HK per fare un appello/richiesta per allargare il vs. data base oppure per cercare volontari? Di cosa ha bisogno Thesaurus per crescere?

Certamente, vorrei cogliere questa occasione anzitutto per invitare tutti a esplorare la nostra piattaforma. Ciascun item può essere commentato, e saremo lieti di ricevere feedback o domande scrivendo a thesaurus@jewishitalianmusic.org. Per rimanere aggiornati sulle nostre attività, segnaliamo la nostra newsletter trimestrale, che offre informazioni sui nuovi materiali inseriti, incontri, presentazioni, workshop e altre iniziative future.

Infine, rivolgo un appello a chi desidera contribuire al progetto, sia arricchendo il nostro database con materiali, sia collaborando attivamente per supportare le nostre attività: ogni contributo è prezioso per far crescere e sviluppare questa iniziativa.