di Manfredo Montagnana
Leggendo il libro “Critica della questione ebraica” di Manuel Disegni si è colpiti dalle dimensioni del lavoro di ricerca compiuto dall’autore e dalla vastità delle opere che ha consultato, citate nelle note che occupano buona parte del testo. Questa impostazione di serietà scientifica non può che richiamare alla mente il “metodo” di ricerca espresso da Marx nel “Capitale”; d’altra parte, lo stesso titolo è un esplicito richiamo a “Per la critica dell’economia politica” il saggio che anticipa il “Capitale”.
Disegni insiste fin dalla Premessa sulla necessità di fissare l’attenzione sul contesto storico dei fenomeni, sulla loro ricostruzione attraverso l’esame dei fatti reali; ne discende che al centro non è l’antisemitismo astratto accettato generalmente da molti, ma l’antisemitismo come si presenta nella società. L’obiettivo non è dare una “definizione” formale ma è quello di approfondire lo studio degli elementi fondanti del sistema di produzione capitalistico nell’attuale contesto storico, l’unico modo per “comprendere la natura e le cause dell’antisemitismo” e, inversamente, per giungere ad una “comprensione generale della società in cui viviamo” proprio riflettendo sul fenomeno antisemita.
Naturalmente, in questa cornice trovano spazio le persecuzioni contro gli ebrei ed alcuni luoghi comuni dell’antisemitismo legati al credo religioso. Della ricerca fa parte, ad esempio, un ampio ricordo delle violenze perpetrate in Germania a partire dal 1819 al grido di “Hep hep Jud’ verreck!” (Hep hep, crepa giudeo). Sul fronte dei luoghi comuni, l’approfondito esame critico della figura shakespeariana di Shylock contiene considerazioni sul mito del presunto uso rituale del sangue da parte degli ebrei: non c’è solo il ricordo delle tragedie legate a tale mito, ma anche la ricostruzione della presenza rituale del sangue nella cultura teutonica e del significato del consumo del vino da parte dei cristiani durante la messa, a rappresentare il sangue del Cristo.
Tornando alla definizione di antisemitismo, Disegni richiama quelle dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) nel 2016 e del Jerusalem Declaration on Antisemitism nel 2021, per ribadire che qualunque definizione univoca non può essere “lo strumento intellettuale più adeguato… per afferrare un fenomeno così mutevole, ambiguo e sfuggente”. Si giunge così alla convinzione che l’antisemitismo del XIX e XX secolo (il termine nasce nel 1879) sia appunto un antisemitismo nuovo, non più individuale ma collettivo, legato al contesto della società borghese.
Disegni ci porta a seguire il percorso con cui Marx è venuto precisando la sua posizione sull’antisemitismo, a partire dall’articolo “Sulla questione ebraica” del 1844. Si tratta della risposta allo scritto di Bruno Bauer, esponente della sinistra hegeliana, che nega agli ebrei il diritto all’emancipazione in base essenzialmente a considerazioni di carattere religioso, a vecchi pregiudizi e superstizioni. Scrive Marx: “Noi cerchiamo di rompere la formulazione teologica della questione ebraica… Consideriamo l’ebreo reale mondano, non l’ebreo dello shabbat, come fa Bauer, ma l’ebreo di tutti i giorni.”
Nel seguito del libro, Disegni osserva: “L’idea di un legame speciale fra gli ebrei e il denaro era saldamente insediata nella mentalità comune.” Il fatto che Marx raccolga tale pregiudizio esprime la sua idea che “il rapporto privilegiato degli ebrei col denaro ha poco o nulla a che fare con la loro religione.” Per Marx: “Tale rapporto risulta necessariamente dalla posizione particolare del giudaismo nell’asservito mondo odierno.” Insomma il termine ebreo non è più riferito ad una religione specifica, anzi perde il significato religioso e viene usato come un sinonimo di borghese. Perfino i cristiani vengono detti ebrei perché è solo con il dominio del cristianesimo che si è potuta sviluppare la società borghese. Disegni pone l’accento sul fatto che Marx parla di ebraismo in “senso polemico e figurato” e che la parodia ha evidentemente una funzione dialettica e conoscitiva.
“Sulla questione ebraica” è il tentativo del giovane Marx di comprendere criticamente e contrastare politicamente l’antisemitismo, tentativo che Disegni così condensa: “<ebraismo> è il nome con cui la società moderna indica le proprie contraddizioni e allo stesso tempo se le nasconde. Poiché non le riconosce come proprie e generali, esse assumono una forma estranea e particolare: <l’ebreo> è la loro personificazione.”
Il passo successivo nell’evoluzione del pensiero di Marx è costituito dalle ricerche sul “materialismo storico”, inteso come metodo scientifico per la conoscenza della storia. Sviluppate tra il 1845 ed il 1846 e contenute nel libro “L’ideologia tedesca”, esse gli permettono di far discendere le idee religiose dalle condizioni di vita reale degli uomini. A questo punto, l’analisi di cosa sia l’antisemitismo va ormai orientandosi sempre più verso le ricerche sulla natura del sistema produttivo capitalistico e sul suo modo di condizionare la società. Questo percorso durerà decenni: il primo risultato saranno i “Grundrisse” (Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica) e il successivo “Per la critica dell’economia politica” del 1859. Occorrerà poi ancora quasi un decennio prima che venga pubblicato il “Libro 1° del Capitale”.
Entrato sul terreno dell’analisi del modo di produzione capitalistico, Disegni pone a confronto la nascita dell’antisemitismo moderno con quella della nuova concezione di lavoro, il cui significato viene rivisto profondamente nel XIX secolo alla luce del ruolo nel sistema capitalistico: non più produttore di ricchezza da parte di un singolo essere ma “fatica umana indifferenziata”. Come per gli economisti sono uguali tutti i lavori così, per gli antisemiti, gli ebrei “costituiscono una minaccia per l’umanità indipendentemente dalle loro convinzioni”.
Disegni dedica ampio spazio nella Seconda Parte della sua ricerca alla esposizione delle teorie economiche di Proudhon ed alle conseguenti stringenti polemiche di Marx che, in questo contesto, affronta lo studio scientifico di un’altra entità che è esistita da sempre ma richiede ancora di essere spiegata. Il denaro sarà un elemento decisivo nelle riflessioni sull’antisemitismo, viste le accuse che vengono mosse a tale proposito contro gli ebrei. L’autore indica un primo elemento di spiegazione: “L’ebreo della società borghese non viene semplicemente deprecato per la brama di denaro… Nel potere ebraico del denaro e nelle sue articolazioni istituzionali… l’antisemitismo identifica il responsabile ultimo delle conseguenze più deleterie dell’incalzante sviluppo industriale.” Così facendo l’antisemitismo non coglie le contraddizioni della produzione di merci e di capitale come inerenti alla produzione stessa, ma “le presenta come forze occulte che, dall’esterno, minacciano di provocarne i collasso”. Ne segue che l’antisemitismo ha come progetto politico quello di “abolire ogni forma di reddito senza lavoro: eliminare i parassiti”.
Mentre l’antisemitismo prende di mira i parassiti della società moderna, Marx esamina il principio stesso della sua produttività. Quando chiama i lavoratori alla lotta, egli spiega “che il potere che li opprime non è quello del denaro, il Dio unico e geloso di Israele, ma quello del capitale”.
Disegni conclude la sua ricerca ribadendo che “sebbene spesso lo si dimentichi, per comprendere la natura e le cause dell’antisemitismo moderno è necessario conoscere i meccanismi di funzionamento dell’economia capitalistica. La vicenda di Marx mostra che è vero anche l’inverso: che proprio la riflessione sul fenomeno antisemita garantisce un accesso privilegiato alla comprensione generale della società in cui viviamo.”
Dalla presentazione dell’opera di Disegni qui esposta si capisce che si tratta di un libro di difficile lettura, che tuttavia è indispensabile per chi desideri approfondire le accuse di un presunto antisemitismo di Marx.
Manuel Disegni, Critica della questione ebraica, Bollati Boringhieri, 2024, (pp. 442 € 28,00)