SULLA STORIA DEGLI EBREI DI SALUZZO

Intervista alla prof.ssa Adriana Muncinelli
a cura della redazione

 È da poco uscita la seconda edizione dell’opera “Ebrei a Saluzzo:1938 – 1945”, di Adriana Muncinelli: lo studio dettagliato delle microstorie degli ebrei saluzzesi sotto il regime nazifascista, prima esclusi dalla scuola, allontanati dal lavoro e da ogni forma di socialità e, solo cinque anni dopo, arrestati, deportati, uccisi.

Questa nuova edizione è arricchita dell’indice dei nomi, dell’inserimento di alcune note di approfondimento e dell’estensione e della precisazione di alcuni contenuti. Sono tutti elementi che permetteranno agli studenti di facilitare ed approfondire la rilettura, anche in modo autonomo, di comprendere meglio la vita degli ebrei della cittadina, e intuirne le sofferenze.

Adriana Muncinelli produsse il suo primo studio su Saluzzo “Vittime della speranza; Ebrei a Saluzzo 1938 – 1945” nel 1985, quasi quarant’anni fa”. A quel lavoro seguirono lo studio sull’applicazione delle leggi razziali nella provincia di Cuneo,”Even : la pietruzza della memoria”, ed “Oltre il nome : storia degli ebrei stranieri deportati dal campo di Borgo San Dalmazzo”, e poi ancora,  l’ideazione e l’organizzazione del Memoriale della Deportazione MEMO4345, e ora di nuovo il ritorno a Saluzzo.

Cara Adriana, tu hai dedicato quarant’anni della tua vita professionale allo studio di documenti, alle interviste ai sopravvissuti ed ai discendenti delle famiglie scomparse, alla consultazione di archivi storici: possiamo chiederti quali sono stati i sentimenti e le motivazioni che ti hanno spinto ad un impegno così gravoso ed assoluto? 

Come ho spiegato nell’introduzione di “Ebrei a Saluzzo”, l’inizio del mio lavoro su questo tema è stato un incarico affidatomi dall’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo, sostanzialmente per motivi di prossimità geografica (io abito a Verzuolo, poco lontano). Ma il desiderio di conoscere che mi ha fatto accettare questo incarico aveva in me radici più profonde: l’aver avuto nei cinque anni di liceo a Saluzzo come insegnante di matematica e fisica il professor Ugo Levi e come compagno di classe Beppe Segre, il tutto avvolto nel silenzio generale su quanto era accaduto agli ebrei della città appena una ventina di anni prima. Dunque, in quel 1984 in cui iniziai la ricerca, la curiosità era stato il mio primo sentimento, che subito dopo era divenuto, complice la familiarità dei luoghi, un’intensa empatia.  I luoghi erano rimasti sostanzialmente identici a quelli degli anni della persecuzione e tuttavia la vita di tutti pareva svolgersi smemorata, tranquilla ed almeno apparentemente inconsapevole. Di qui la volontà di scalfire quel silenzio attraverso la ricerca, la documentazione, le testimonianze, il racconto. Lo stesso intento mi ha poi portata ad allargare poco per volta l’orizzonte della ricerca, sempre rimanendo ancorata alla concretezza di luoghi e persone.

Cosa cambia nell’animo di uno storico che dedica tutta la sua vita professionale alle persecuzioni antisemite e in particolare alla tragica Storia della Comunità Ebraica di Saluzzo devastata e distrutta dalla Shoah?

Più che di cambiamento parlerei nel mio caso di uno sguardo più complesso sull’essere umano e di un grande arricchimento interiore.

Ho aperto gli occhi sulla fragilità dell’animo umano e sulla potenza devastante di sentimenti umani come la paura, la viltà, l’egoismo, la subordinazione al più forte, l’indifferenza come arma di difesa, il fascino dei pregiudizi. Ma anche sulla potenza positiva dell’empatia, della pietà, della libertà di pensiero. 

Ho realizzato quanto valgano le scelte individuali che compiamo nei tempi e nei luoghi in cui ci è stato dato di vivere. Soprattutto le scelte che compiamo in tempi di democrazia, quando ancora abbiamo in mano la storia e possiamo modificarne almeno in parte il corso. E quanto rivesta un ruolo-chiave in queste scelte il nodo dei diritti.

E ancora la consapevolezza che sempre si potrebbero modificare le storie delle persone vittime della storia, se ognuno di noi intervenisse oggi, con i mezzi che ha, in aiuto di quelle in cui si imbatte.

Posso dire che nella costruzione dei contenuti di MEMO4345 è confluito buona parte di quanto ho raccolto in questi quarant’anni di ricerca sulla persecuzione antiebraica, non solo sul piano delle conoscenze, ma anche su quello delle riflessioni. Per dar vita alla conoscenza e alla memoria credo sia importante poi esporsi in un faccia a faccia personale attraverso il ragionare insieme, il confrontarsi con il sapere e le esperienze degli altri, il porre domande e riceverne, il tenere sempre aperto il dubbio e teso il filo del ragionamento tra passato e presente.

MEMO4345 è questo piccolo, costante, ostinato lavoro di dialogo in presenza, su cui conto, proprio in questi tempi così difficili. 

La frase riportata sulla copertina del volume ci ammonisce:

“Questa storia può insegnarci a guardare entro noi stessi per scegliere in tempo tra bene e male, in libertà e responsabilità”.

Sul libro abbiamo letto la storia di Domenico Murazzano, guardia di P.S. dell’Ufficio di Saluzzo, che per incarico del commissario Bicchi stava svolgendo le indagini sugli ebrei sfollati a Saluzzo, accusati da un fascista di fare commenti disfattisti nei bar della città. Ma alla fine del ’42, quando il Commissario, il suo superiore, gli aveva chiesto di andare a verificare il comportamento degli sfollati, aveva risposto “Non risulta affatto che gli ebrei sfollati da Torino e che alloggiano nei locali alberghi facciano propaganda contraria al fascismo …e poi è umano essere preoccupati e cercare notizie, quando l’aviazione dei nemici sta bombardando la città di residenza”.

Non era un Giusto, ma aveva la schiena diritta, e considerava che gli ebrei potessero avere caratteristiche umane, quando ci voleva un certo coraggio, nel 1942, a mettere per iscritto affermazioni di questo tipo.

Ci fossero state tante persone a comportarsi come lui, con il coraggio di smentire quanto invece aveva affermato il fascista!

A proposito ancora della”scelta tra bene e male, in libertà e responsabilità”: oggi tutto il nostro mondo sta attraversando una fase difficilissima. Alla televisione abbiamo visto l’orrore del 7 ottobre. Riusciremo al momento giusto a riconoscere il male e a difenderci?  

Penso che “il momento giusto”, per chiunque, sia reagire quando vediamo che un altro gruppo umano vicino a noi ha meno diritti di noi. Se accettiamo, o addirittura sosteniamo questa disparità, la valanga del male si mette in moto e poi diventa estremamente difficile, non dico riconoscerla, ma fermarla.  Oggi l’indifferenza che avviluppa le nostre società assomiglia ormai all’ipnosi, le grida e l’odio tengono banco, le democrazie sono sempre più erose senza incontrare argini. Ognuno sembra concentrato solo sul suo personale tornaconto e sul modo per preservarlo.  Essere ottimisti non è così facile.  Quanto a noi, io ormai ho 78 anni… posso però sperare nella forza e nella capacità delle generazioni più giovani e continuare a fare la mia parte, finché mi sarà possibile.  

  

Adriana Muncinelli; prefazione di Beppe Segre. Ebrei a Saluzzo: 1938-1945 – Saluzzo, Fusta, 2022 – 263 pp., € 24,50