Un esito annunciato
di Filippo Levi
Alla fine il responso elettorale è stato quello previsto ed atteso da tutti: la coalizione di centrodestra, poco di centro e molto di destra, ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti e stravinto nel numero dei seggi, in conseguenza di una pessima legge elettorale ideata purtroppo proprio per produrre questo risultato.
Risultato previsto sicuramente da tutti i sondaggi, da moltissimi politici, giornalisti e dalla gente comune, ma evidentemente temuto da pochi. Sicuramente non temuto da tutti i politici degli schieramenti avversari alla destra, che hanno deliberatamente deciso di andare alle urne in ordine sparso rinunciando all’idea di creare una coalizione che potesse essere competitiva al voto. Sicuramente non temuto dalla maggioranza degli elettori che hanno determinato il trionfo di Meloni e della sua coalizione.
Ovviamente sono molteplici le personalità politiche, della cultura, dello spettacolo che hanno indicato durante la campagna elettorale il pericolo rappresentato da questa destra con evidenti radici, mai rinnegate, nel passato fascista e post-fascista della nostra storia. La Lega e Salvini in prima persona hanno avuto modo di dimostrare ampiamente, durante il primo governo Conte, quanto siano portatori di politiche razziste, populiste e come abbiano a disprezzo i valori democratici. Non credo sia necessario ricordare qui l’estate del Papeete e il salviniano “datemi pieni poteri”. Meloni dal canto suo, pur dichiarandosi a parole sinceramente democratica, non fa mistero di avere come interlocutori privilegiati in Europa Orban in Ungheria, Le Pen in Francia, Vox in Spagna e Duda e Morawiecki in Polonia. Ma non sono solo queste amicizie ad allarmarci, ci rendono inquieti soprattutto le sue affermazioni riguardo alle proposte di modifica della costituzione, le sue idee sulla famiglia e sull’aborto, l’ostentata avversione verso le tematiche LGBTQ, l’idea di sostituire i concetti di Stato e Cittadino con quelli di Nazione e Patriota, il rifiuto di concedere ai giovani immigrati il diritto di cittadinanza, la criminalizzazione degli immigrati e dell’immigrazione (è significativo che nel programma di FdI i temi dell’immigrazione e della lotta alla mafia siano trattati nello stesso paragrafo!), il suo concetto di Europa piegato agli interessi nazionali (o come recita il programma di FdI:”Rilanciare il sistema di integrazione europea, per un’Europa delle Patrie, fondata sull’interesse dei popoli”). Noi sappiamo quale sia lo stato di degradazione dello stato di diritto in Polonia o in Ungheria e come basilari diritti stiano progressivamente venendo meno in quegli stati. Evidentemente però la difesa dello stato di diritto e dei diritti individuali dei cittadini da soli non bastano a definire una forte identità politica e a vincere le elezioni, le chiare radici fasciste del partito Fratelli d’Italia non sono state una discriminante per gran parte degli elettori per decidere se accordargli o meno il voto.
Ammettiamolo, non solamente come ebrei, ci fa sinceramente impressione pensare che Emanuele Fiano, figlio di un deportato ad Auschwitz, sia stato sonoramente sconfitto da Isabella Rauti, figlia di Pino Rauti repubblichino convinto e mai pentito, a Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado d’Italia. Credo che questo confronto elettorale sia emblematico di quanto successo nel paese.
Io non credo che gran parte degli italiani siano diventati fascisti, penso invece che la stragrande maggioranza dei nostri concittadini non siano più antifascisti, a prescindere dal fatto che abbiano votato o meno per FdI. Anche tra i membri della comunità ebraica italiana molte sono state le persone che si sono espresse a favore di FdI e diversi ebrei sono militanti convinti di questo partito. Questo non ci può peraltro stupire se pensiamo che nella vicina Francia la destra più estrema e becera è stata rappresentata alle ultime elezioni non da Marine Le Pen ma da Eric Zemmour!
In Italia, in larghi strati della popolazione, si è persa la coscienza che le libertà democratiche sono state conquistate a caro prezzo e che la Repubblica Italiana è nata dalla resistenza, dalla lotta di liberazione ed ha sempre fatto dell’antifascismo uno dei suoi valori fondanti. Non per essere contro qualcuno, come il suffisso anti potrebbe lasciare intendere, ma perché il fascismo è intrinsecamente ed integralmente incompatibile con la giustizia, la libertà e la democrazia. Essere antifascista in Italia, per molti decenni ha significato essere per qualcosa di fondamentale: per lo stato di diritto, per la partecipazione democratica, per la possibilità di costruire una società più giusta ed equa.
Questa coscienza antifascista, in me profondamente radicata, succhiata per così dire con il latte materno e trasmessa di generazione in generazione è probabilmente diventata minoritaria nel paese o, quanto meno, ha oggi una importanza infinitamente minore di quanto non ne avesse anche solo quindici o venti anni or sono.
Il significato dell’affermazione della destra a queste elezioni politiche è un monito di come la memoria e la storia non costituiscano più un terreno fertile per la politica, i problemi dell’oggi non trovino più risposte dal nostro passato. I valori su cui ha vissuto la sinistra italiana non servono più a declinare una credibile proposta politica oggi.
Io credo che la sinistra italiana, a distanza di quasi ottanta anni dalla liberazione e dalla fondazione della Repubblica, esaurita la spinta propulsiva delle ideologie del ‘900, della lotta di liberazione e della Costituzione repubblicana, deve ripensare e ricostruire i propri valori su basi più attuali e soprattutto capire quali politiche economiche, sociali, di protezione dell’ambiente, di protezione del lavoro e di progresso debbano scaturire da essi.