UN RICORDO DI MARCO VOGHERA

di Reuven (Romano) Ravenna

L’indomani di Kippur ci siamo raccolti nel cimitero di Kiryat Shaul attorno alla tomba di Marco Voghera, caduto nella Guerra del ’73 sul Canale di Suez nei primi giorni del conflitto. Per otto mesi non si seppe nulla di Marco. Non si trovò il corpo né lo si riconobbe tra i prigionieri rilasciati dagli egiziani. Fui colpito da una forte depressione e “presi aria”, recandomi in Italia a Borca di Cadore. Mi giunse in giugno la notizia che si era trovata la salma di Marco, che fu trasportata per una degna sepoltura alla presenza dei genitori e dei congiunti. Marco era figlio della mia carissima cugina Bruna Levi Voghera e lo conobbi neonato in casa di sua nonna Bianca a Ferrara. Col passare del tempo, lo ritrovai negli anni del dopoguerra e della ripresa negli incontri famigliari e nei convegni giovanili ebraici. Mi colpì il suo pensiero sobrio e non retorico, espressione di ideali sionisti e progressisti, senza ostentazioni retoriche. A studi liceali conclusi, con semplicità andò in Israele per un anno di servizio (Shnat Sherut) non dichiarando di avere compiuto l’aliyah. Si trasferì a Gerusalemme, dove frequentò studi di storia all’Università Ebraica, legandosi a tanti amici italiani e unendosi in matrimonio con una ragazza argentina, Miriam. Fu tra i primi, dopo la vittoria del 1967, che misero in guardia sulle conseguenze politiche nel contesto del conflitto arabo-israeliano.

Assieme a Miriam, intraprese una attività di assicuratore, iniziando una normale esistenza familiare, e per tre mesi frequentò un corso per nuovi ‘olim (immigrati) di preparazione militare. Nell’autunno del ’73 fu mobilitato e venne a salutarci a Rishon Le-Zion, per augurarci Shanà Tovà (Buon anno). Non capimmo dove avrebbe festeggiato i mo’adim (le feste) e che quello sarebbe stato l’ultimo saluto.

Venimmo poi a sapere che aveva combattuto da una trincea al margine del Canale di Suez, espugnata dagli attaccanti egiziani con gravi perdite. Arrivarono dopo settimane i prigionieri liberati dagli egiziani e si recuperarono i corpi dei caduti. Di Marco nessuna traccia, né tra i vivi né tra i caduti. Per me la guerra di Kippur si identifica con la scomparsa di Marco, che fu poi ritrovato in estate, per ricevere una degna sepoltura. Sono passati cinquant’anni e rivedo il mio carissimo cuginetto nei congressi della FGEI, negli incontri a Gerusalemme degli italkim, e risento i suoi giudizi sui fatti del giorno, senza voli retorici, di una sobria lucidità.

Marco ci manchi in questi tempi angoscianti!