di Sarah Mustafa

Sarah Mustafa è nata nel 1979 a Pavia, dove si è laureata in Scienze Politiche con indirizzo politico-internazionale nel 2006. Ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza in un campo profughi palestinese in Giordania, insieme alla famiglia del padre. È in quel contesto che ha conosciuto la realtà che oggi racconta nelle sue storie, portando alla luce esperienze di vita intense e poco conosciute.

 Attualmente, Sarah vive tra l’Italia e il Medio Oriente, sempre con una penna e un taccuino a portata di mano, pronta a catturare dettagli ed emozioni che ispirano la sua scrittura. Il suo romanzo d’esordio, “La spia ha i capelli rossi” (recensito nel numero di luglio ‘24 di HK, ndr), edito da Homo Scrivens, è ambientato tra Pavia e il Medio Oriente e ha ricevuto la menzione speciale del prestigioso premio L’Iguana – Anna Maria Ortese, edizione 2024, nella sezione narrativa.

 

A fine ottobre ‘24 il parlamento israeliano ha votato con una schiacciante maggioranza, 92 favorevoli e 10 contrari, per bandire l’UNRWA. Questa decisione solleva interrogativi cruciali: che cos’è l’UNRWA? Perché desta tanta ostilità? Quali saranno le conseguenze di questo voto?

Da anni, politici israeliani accusano l’agenzia di collusione con Hamas, accusa respinta con fermezza dall’UNRWA. Queste critiche si sono intensificate dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, portando a una retorica sempre più dura contro l’agenzia. Alcuni esponenti politici hanno definito l’UNRWA un’organizzazione impegnata nella distruzione dello Stato ebraico, mentre altri l’hanno accusata di diffondere antisemitismo e insegnare odio ai bambini.

Tuttavia, le Nazioni Unite hanno ribadito l’impegno dell’agenzia a mantenere l’imparzialità. Dieci dei dodici membri dello staff accusati di coinvolgimento diretto nelle operazioni del 7 ottobre sono stati licenziati, gli altri due sono morti. Inoltre, l’ONU ha sottolineato la determinazione dell’UNRWA di proseguire con ulteriori verifiche, affidate a enti esterni, per garantire il rispetto delle misure di neutralità e rispondere alle accuse di presunte violazioni. Questa indagine è stata affidata alla guida di Catherine Colonna, ex Ministro degli Esteri francese, in collaborazione con tre istituti di ricerca: il Raoul Wallenberg Institute in Svezia, il Michelsen Institute in Norvegia e il Danish Institute for Human Rights in Danimarca.

La commissione ha presentato il suo rapporto finale il 22 aprile 2024, rendendolo pubblico e consultabile sul sito dell’ONU.

Ma che cos’è l’UNRWA, quali sono i motivi di questo voto e che cosa comporta?

UNRWA è un’agenzia delle Nazioni Unite, nata nel 1949 per fornire sostegno e soccorso ai rifugiati palestinesi. Questi si trovarono costretti a sfollare dalle proprie abitazioni durante e dopo la prima guerra arabo-israeliana del 1948, quando venne proclamata la nascita dello Stato d’Israele. Secondo la definizione ufficiale: ‘I rifugiati palestinesi sono le persone che risiedevano in Palestina tra il giugno 1946 e il maggio 1948, perdendo casa e mezzi di sussistenza a causa della guerra arabo-israeliana del 1948”. Tuttavia, dalla sua nascita, questa agenzia si è ritrovata a dover far fronte a un numero sempre più alto di persone, questo a seguito della situazione instabile nella zona, soprattutto a seguito della guerra del 1967 quando, di nuovo, centinaia di migliaia di palestinesi si ritrovarono a dover sfollare dalle proprie abitazioni e rifugiarsi in campi profughi principalmente in Giordania, Siria, Libano, Territori Occupati (Cisgiordania) e Striscia di Gaza. Un altro motivo del crescente numero di persone aventi la condizione di rifugiato è che questo status viene tramandato di padre in figli, questo non vale solo per i palestinesi ma per tutti i portatori di questa condizione al mondo: resti rifugiato e lo passi in eredità a tuo figlio a meno ché non venga trovata una soluzione per la tua causa, per esempio fine di una guerra e ritorno nella propria patria, oppure assorbimento in uno stato ospitante. Cosa che per i palestinesi, a eccezione di coloro che si rifugiarono nel regno di Giordania, non è mai avvenuto.

Una delle principali obiezioni che viene avanzata nei confronti di questa agenzia è proprio il fatto di essere completamente dedicata ai rifugiati palestinesi, mentre esiste un’altra agenzia, con molti meno fondi e una forza lavoro molto più ridotta, per i rifugiati del resto del mondo: l’UNHCR. Perché l’UNRWA non viene inglobata nell’UNHCR come qualcuno auspica? I mandati delle due agenzie sono diversi, l’UNHCR per esempio ha come compito quello di dare assistenza di carattere emergenziale e temporanea. UNRWA fornisce servizi diretti e a lungo termine per sostenere lo sviluppo di una comunità che vive una situazione unica, quella di una questione irrisolta dal 1948. Servizi come: “istruzione, assistenza sanitaria, soccorso, infrastrutture e miglioramento dei campi profughi, supporto alle comunità, microcredito e interventi di emergenza, anche in situazione di conflitto armato”, sono forniti e gestiti direttamente dallo staff dell’UNRWA che si trova sul territorio e che negli anni si è sempre più composto da rifugiati che trovano impiego all’interno di scuole, cliniche, centri per il sostegno alle donne, asili, biblioteche di questa agenzia.

Un’altra critica che viene fatta all’UNRWA è: finché esiste un’agenzia dedicata ai soli rifugiati palestinesi la condizione dei rifugiati non verrà mai risolta. Ergo: eliminiamo l’UNRWA eliminando il suo motivo di essere: i rifugiati palestinesi. No, non si intende fare man bassa, Dio non voglia, ma di farli assorbire dagli stati in cui si sono rifugiati decenni fa. Il fatto è che qui stiamo parlando di circa cinque milioni di persone. Togliendo l’eccezione della Giordania che ha concesso la cittadinanza e il passaporto ai rifugiati sul suo territorio già negli anni Cinquanta, l’impatto di un assorbimento di cinquecentomila anime nello stato del Libano, un altro mezzo milione in Siria non è da sottovalutare considerato il tessuto sociale già instabile di questi due paesi soggetti a disordini e scontri non poco recenti. L’assorbimento dei rifugiati richiede il consenso non solo degli stessi rifugiati, ma anche degli Stati che li accolgono. Secondo un rapporto dell’UNHCR del 2021, nel 2020, meno del 2% dei 20,7 milioni di rifugiati sotto la protezione dell’UNHCR ha potuto fare ritorno nel proprio Paese d’origine, mentre numeri ancora più esigui sono stati reinsediati in un Paese terzo o naturalizzati nel Paese di asilo. La maggior parte dei rifugiati continua a vivere in condizioni di incertezza, evidenziando la complessità di trovare soluzioni durature e la necessità di un impegno globale per affrontare le cause profonde della crisi dei rifugiati. Ciò detto, ci si dimentica del milione e mezzo di profughi che vivono (o vivevano?) nella striscia di Gaza e di un milione nei territori occupati, sfollati da una parte all’altra dello stesso territorio.

Come potete capire, la situazione è molto complessa, e la presenza di un’agenzia dedicata ha permesso fino a oggi a tutte quelle persone di cui sopra di avere accesso a istruzione, cure mediche, vaccini, aiuti alimentari, programmi di microcredito, impiego nelle stesse strutture dell’agenzia come insegnanti, medici, infermieri, impiegati ecc. Eliminare o ridurre i fondi a un ente di tale importanza per milioni di persone significherebbe compromettere gravemente le condizioni di vita di un’intera popolazione.

Tornando alla decisione del parlamento israeliano, che cosa comporta in sostanza? Con questo provvedimento Israele proibisce qualsiasi contatto ufficiale tra le proprie autorità e l’agenzia, vietandone inoltre le attività sul proprio territorio. Questa mossa pone un serio ostacolo alle operazioni dell’UNRWA, considerando che ogni risorsa, persona o aiuto umanitario diretto verso i territori palestinesi o la Striscia di Gaza deve passare obbligatoriamente attraverso i check-point israeliani. La limitazione colpisce non solo le comunicazioni dirette, ma rende particolarmente difficili i processi logistici e amministrativi necessari per garantire assistenza a una popolazione che dipende fortemente dall’agenzia.

Inoltre, la restrizione complica l’accesso a materiali essenziali, quali cibo, medicine e forniture educative, aggravando la situazione umanitaria. Questa decisione rischia di isolare ulteriormente le comunità rifugiate, esponendole a maggiori vulnerabilità e compromettendo la capacità dell’UNRWA di fornire i servizi essenziali che storicamente hanno rappresentato un’ancora di salvezza per milioni di palestinesi.

Di fronte a una crisi che dura da oltre 75 anni, è essenziale che la comunità internazionale si unisca per individuare soluzioni concrete e sostenibili. La sopravvivenza di milioni di rifugiati dipende non solo da un’agenzia come l’UNRWA, ma dall’impegno globale a porre fine a questa situazione di emergenza umanitaria. Infine, manderei  un pensiero a tutte le vittime di questo conflitto e ricorderei i duecentoquarantasette membri dell’UNRWA uccisi dal 7 ottobre a oggi.

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